Ho letto un lungo articolo su Salon, brillante giornale californiano on line: una recensione ad un libro sull’evoluzione dell’amante, Mistresses: A History of the Other Woman.
In breve, l’autrice, Elizabeth Abbott, descrive le tipologie di amanti e concubine nella storia, ne valuta il peso sociale e identifica una linea evolutiva del ruolo, anche se sembra indulgere sulla figura – quasi romantica – dell’amante, spesso sfortunata, povera, infelice ed elemosinante affetto, mentre nel contempo sdogana le colpe maschili: le amanti sono sempre esistite e spesso ciò ha fatto comodo a molti. Amen.
L’adulterio è argomento che tira ed attrae. I giornali di gossip ci fanno la loro fortuna e anche gli snob e gli impegnati non disdegnano di conoscere (magari nascostamente, dal parrucchiere) i fatti intimi di Vip, meno Vip e reali. Siamo tutti un po’ pruriginosi. Senza distinzione di nazionalità, sesso o censo.
Sapere di famiglie distrutte (ma anche rinsaldate, a volte) dalle infedeltà maritali o muliebri sembra una specie di profilassi, nel momento in cui le confrontiamo con le nostre innocenti, e talvolta ignave, normalità, quasi a vaccinarci dal problema, magari compiacendoci di altrui disgrazie.
È anche vero, però, che le pratiche adulterine sono considerate sempre meno ‘illlegali’ e ‘indecenti’, laddove le mogli trovano una forma di equilibrio, più spesso economico (si veda il ‘caso Tarantini’, per esempio, in cui la moglie si consolava con il socio – si fa per dire – del marito, definito ‘fessacchiotto’ per soprammercato) e d’immagine, che non salvifico, cioè al fine di mantenere l’unità famigliare.
Di adulteri incalliti-con-mogli-e-stampa-silenti è pieno il reame, dai sovrani di un tempo ai potenti di un passato prossimo: Eisenhower, Roosevelt, Agnelli, Mitterand, i Kennedy. Dei tantissimi adulteri spregiudicati di oggi, invece, si sa tutto attraverso le cronache (anche via Twitter, tipo Moore-Kutcher), ma non si commenta più di tanto: non fanno più scandalo. Ormai, è valida solo l’equazione tradimento = notorietà, laddove la notorietà è il vero business del mondo.
Prendiamo ad esempio la vicenda di Mel Gibson. Un intreccio di mogli, amanti, conviventi. Con la sua ex moglie ha divorziato mentre patteggiava un rimborso alla sua ultima compagna (da cui ha avuto una figlia due anni or sono) quale ristoro per averla picchiata. Sentire nei tg queste rocambolesche avventure che si snodano tra letti e tribunali è ormai ordinaria amministrazione, anche alle venti, orario di cena. Eppure, se succedesse a noi ‘normali’, non riusciremmo a vivere con il senso di colpa e per la vergogna. Ma che faccia tosta questo Gibson! Si permette di ringraziare il giudice per aver ‘ricomposto’ la questione in termini civili, ridimensionando pure le richieste della ex-compagna.
Tutta pubblicità, null’altro che pubblicità.
È, alla fine, una questione di possibilità: se hai soldi, hai amanti, mogli, figli legittimi ed illegittimi; ti costringono al test del Dna, oppure neghi e vai in tv; fai un reality; ci scrivi un libro; ti fai intervistare; ti scritturano per Ballando Sotto le Stelle. Moglie o amante, compagna o fidanzata… non c’è differenza. Hai soldi e paghi tutto, anzi tutte (Mister Patonza è l’apoteosi del genere). I Vip del terzo millennio hanno invalidato la vecchia regola, quella che fu anche del nostrano Principe di Salina, il Gattopardo: figli (e tanti) con una moglie bigotta e molto escursionismo (segreto) negli angiporti.
Ma andiamo oltre: un adultero d’antan (old style, cioè) come John Kennedy aveva amanti (e che amanti!) e tanta capacità politica, unita ad un certo stile. Possiamo, oggigiorno, dire lo stesso dei nostri politici? Non ci sono solo gli sboroni esagerati italici, ovviamente. Spero vi ricorderete di un certo Anthony Weiner, politico statunitense, che postò foto delle sue pudenda su Twitter, ignorando – con la tecnologia si deve fare attenzione – che avrebbero raggiunto tutti i suoi follower e non solo la sua amante. Il tizio è stato cacciato con ignominia dal Congresso, ma Nancy Gibbs, potente notista del Time, ha candidamente affermato che in fin dei conti non c’era mica reato in ciò che Weiner aveva commesso. Tutt’al più, era una faccenda privata tra Weiner e la moglie.
Questa visione della Gibbs è molto europea, più accomodante, cioè, rispetto alla pruderie tutta americana sulla questione. In quella nazione c’è la fregola (sic) di mettere tutto in piazza in nome dell’onestà e della trasparenza, in Europa c’è più levantina tolleranza.
Se nel suo libro la Abbott parla di evoluzione dell’amante – anche le amanti non sono più quelle di una volta, conclude – io provocatoriamente parlerei di evoluzione delle mogli. Anzi, meglio: di estinzione della Moglie (come ruolo, personaggio, funzione, concetto, figura sociale e sociologica, etc).
Ma questa è un’altra storia.
(Come al solito, sine melioris sententiae praeiudicio, ovverosia, ogni diversa opinione sarà benvenuta se posta con educazione e rispetto.)
di Marika Borrelli