A Varapodio, piccolo comune calabrese del reggino, tre giorni fa sono stati uccisi due giovani fratelli. Gli inquirenti ritengono che l'agguato sia da legare all'omicidio del padre, vicino alla cosca dei Barca. Eppure il primo cittadino, nonché consigliere Rai, Guglielmo Rositani, solo un anno e mezzo fa dichiarava: "I media ritengono questa, una terra in mano all''ndrangheta che domina ovunque, ma così non è"
“La nostra è considerata dai media una terra in mano all”ndrangheta che domina ovunque, ma così non è”. Non più di un anno e mezzo fa Guglielmo Rositani, sindaco di Varapodio dal 2007, piccolo comune di 2300 abitanti in provincia di Reggio Calabria, urlava commosso queste parole dal palco per la festa in onore della Vergine del Carmelo. Presente anche il cardinale Sergio Sebastiani. Oggi il primo cittadino, capo della lista di centro-destra “Asso di coppe”, nonché consigliere di amministrazione Rai, fa dichiarazioni al Tg1 di Minzolini, in un servizio dedicato al duplice omicidio di due fratelli, Francesco e Carmelo Donato, dove fa bene attenzione a non pronunciare mai la parola ‘ndrangheta. “La vendetta – dice – è il sentimento peggiore che possa esistere in una società civile”.
Le indagini sul delitto dei due giovani braccianti agricoli – i funerali si sono celebrati oggi – sono in mano alla procura della Repubblica di Palmi, ma presto potrebbero passare alla procura antimafia di Reggio Calabria. Agenzie e giornali locali, citano i carabinieri e mettono in relazione l’assassinio dei Donato, all’omicidio del padre, Saverio, avvenuto nel 2000. Fu proprio uno dei figli, Carmelo, a collaborare alle indagini che portarono all’arresto dei presunti killer, Michele Alessi e Antonio Mammoliti, nipote del boss Saverio Mammoliti, capo di una delle ‘ndrine più potenti in Calabria. Saverio Donato era vicino alla cosca dei Barca dei Varapodio. Ucciso a causa di uno sgarro nei confronti dei Mammoliti.
Anche se Rositani da anni cerca in tutti i modi di rilanciare il nome del comune aspromontano come scevro dal potere delle cosce, la scia di agguati e attentati avvenuti a Varapodio è impressionante. Tanto che la relazione antimafia del 2008 firmata dal presidente della Commissione parlamentare antimafia, Francesco Forgione, riporta testualmente: “Sono state accertate responsabilità di rilievo penale a carico di amministratori e funzionari di 25 comuni della provincia di Reggio Calabria. Questi sono i Comuni di Africo, Ardore, Bruzzano Zefirio, Cinquefrondi, Condofuri, Giffone, Gioia Tauro, Gioiosa Ionica, Marina di Gioiosa Ionica, Melicucco, Melito Porto Salvo, Molochio, Oppido Mamertina, Palmi, Reggio Calabria, Rizziconi, Rosarno, San Luca, San Procopio, Seminara, Siderno, Sinopoli, Varapodio, Villa San Giovanni”.
E basta fare una ricerca di archivio per capire che Rositani è fin troppo ottimista sul fatto che la classe politica non sia sotto la minaccia della criminalità organizzata. Il 7 luglio i consiglieri comunali di centrosinistra, la capogruppo di minoranza Carmela Bonarrigo e Rosario Pio Cosma, denunciano alla polizia una serie di atti intimidatori, tra questi l’incendio di due fondi agricoli, il taglio di alcuni alberi e una serie di minacce telefoniche. I consiglieri di opposizione chiedono anche che “di tali fatti, che coinvolgono ormai da troppo tempo pubblici amministratori locali impegnati quotidianamente al fianco dei cittadini varapodiesi, sia ufficialmente informato il sindaco Guglielmo Rositani, assente, poiché residente fuori sede”.
Ma andando a ritroso nel tempo, la sfilza di fatti di sangue è lunga. Il 20 agosto del 2003 viene ucciso l’imprenditore Francesco Managò. Due anni prima è Annunziato Donato, 60 anni, bracciante agricolo e zio dei fratelli uccisi pochi giorni fa, a cadere sotto i colpi dei killer. Cinque anni prima tocca a Nino Polifroni, imprenditore edile ucciso per il suo no alla richiesta di estorsioni e tre anni prima, vengono uccisi Vittorio e Antonio Tallarita e Luigi Laganà, i primi due con precedenti per associazione mafiosa.