L’intesa con la “troika” c’è, e 30.000 statali perderanno il posto di lavoro, ma i target di bilancio fissati nell’accordo per il salvataggio sono ormai una chimera. E la Grecia resta sull’orlo del baratro, da una parte obbligata a nuovi tagli per allontanare il default e dall’altra costretta a fronteggiare un malcontento sociale, in costante crescita proprio a causa dei tagli.
Sul fronte delle buone notizie, Atene ha incassato il via libera della Troika (la delegazione composta da Bce, Fmi e Ue) al piano che prevede, oltre al taglio del 20% dei salari e dei dipendenti della P.A. entro il 2015, il licenziamento di 30.000 statali, condizione fondamentale per lo sblocco della sesta tranche di aiuti: un pacchetto da 8 miliardi di euro senza i quali la Grecia si sarebbe trovata senza i fondi per pagare gli stipendi già da ottobre.
Arrivato il via libera formale del consiglio dei ministri, le misure approdano domani in Parlamento. Il piano prevede il collocamento in un fondo “di riserva per il lavoro” (una sorta di cassa integrazione) di circa 30.000 lavoratori, che rimarrebbero in tale fondo entro la fine dell’anno, pagati al 60% dello stipendio per un anno e quindi licenziati. Ma quanto esce dal Consiglio dei ministri non è altrettanto positivo: il nuovo bilancio per il 2011-2012 mostra impietosamente come la Grecia sia ancora molto lontana dal raggiungimento dei target fissati lo scorso luglio nell’ambito del piano di salvataggio. Per l’anno in corso, secondo quanto riferiscono alcune fonti, si prevede ora un deficit dell’8,5%, contro la stima precedente del 7,6%.
Il Pil è atteso in calo del 5,5%, molto al di sotto delle previsioni precedenti. Per il 2012, laddove l’accordo con la Troika parlava di un deficit/Pil al 6,5%, ora la nuova bozza stima un deficit al 6,8% del Pil. Per il prossimo anno, la contrazione della crescita è attesa al 2%, in linea con le previsioni del Fondo Monetario Internazionale, ma nettamente peggiore rispetto alle stime utilizzate per l’accordo sul salvataggio dello scorso luglio, nel quale si prevedeva che l’economia della Grecia sarebbe tornata a crescere nel 2012. Colpa della recessione molto peggiore del previsto, prova a giustificarsi Atene; pesa invece la mancanza di riforme strutturali, ribattono i creditori. E’ sicuro che una crisi così profonda, anche a livello internazionale, renda più difficile per la Grecia raccogliere il denaro necessario a rispettare i target, ma è altrettanto vero che il costante rischio di rivolta sociale ha evidentemente frenato il Governo dal varare riforme ancora più dolorose. La parola passa quindi domani alle Borse, chiamate a capire e far capire se quanto uscito oggi dal consiglio dei ministri di Atene è un passo avanti verso la soluzione della crisi o un pericoloso passo indietro verso il default della Grecia.