“Io esisto, e sono padano”, titolava ieri la Padania. Rispondo: “No, grazie!”. Sebbene nato a Venezia, figlio e nipote di veneti e pronipote di veneti e friulani, padano non mi sento neanche un poco. Perché? Semplicemente perché ha ragione Napolitano: la Padania non esiste e il suo “popolo” nemmeno.
Sfido uno storico (non un politico, di quelli – leghisti – se ne trovano a padellate) a sostenere che ha una qualche ragion d’essere il “popolo padano”. Venezia sì, i territori della Serenissima, tutt’al più: Venezia fu Stato, la sua lingua ha una letteratura, è parlata tutt’oggi all’interno di una comunità linguistica.
Ma la Padania? Che è? Torino, Milano e Venezia hanno mai avuto un’unità politica? Beh, all’epoca dell’antica Roma, ma non mi pare un grande esempio per i fautori della “Padania libera”. Hanno mai avuto una letteratura comune? Provate a leggere Goldoni e Ruzante e poi ditemi se, dal punto di vista della lingua, c’è qualcosa che vi assomiglia anche solo lontanamente in altre parti dell’alta Italia. Hanno mai avuto un’unità linguistica? Mai e poi mai. Tant’è che da veneziano che vive da 20 anni a Milano, ancora oggi non riesco a capire i bergamaschi, fatico con i bresciani, il valtellinese stretto mi è ignoto. Ma, a dir la verità, ho qualche difficoltà anche col dialetto delle montagne bellunesi, e ai rodigini devo chiedere di parlare lentamente.
Quindi no, decisamente no, il popolo padano non è mai storicamente esistito.
Eppure, quella personcina pacata e sobria di Calderoli ha chiamato in causa nientepopodimeno che l’autodeterminazione dei popoli. Un’idea quanto mai nobile, moderna e libertaria. In virtù di questo principio l’Eritrea nel 1993 si è staccata dall’Etiopia e nel gennaio di quest’anno il Sud Sudan ha fatto la secessione dal Nord (ho citato, fra i tanti, due casi africani perché sono sicuro che Calderoli li gradisca particolarmente). Ma la domanda è: che c’entra col “popolo padano”? Nulla. Per due principali motivi. Primo. Eritrei e Sud sudanesi hanno vinto i rispettivi referendum per la secessione col 99 e rotti per cento dei voti. Invece, i leghisti dimenticano che sono una minoranza. Non lo dico in riferimento alla media italiana, ma proprio qui al Nord, nella Padania. Se facessimo contemporaneamente due referendum, uno per la secessione della Padania dall’Italia e l’altro per l’espulsione dei leghisti dal nostro Paese, vincerebbe il secondo. Sono una minoranza becera e arrogante, e gli altri – i non-leghisti – non li sopportano più.
Secondo. Ciò che lega fra loro i membri di quella minoranza non sono le caratteristiche sopra descritte, che ne farebbero un popolo, ma qualcosa d’altro: il razzismo, la xenofobia, la profonda ignoranza storica, l’ottusità mentale, la grettezza culturale, la paura del diverso.
Ebbene, tutto questo fa di una comunità umana un partito, cosa che la Lega purtroppo è, non un popolo. Ma se volessimo credere per un solo momento che sia un popolo, ebbene, caro ministro Calderoli, la maggioranza dei veneti, dei lombardi, dei piemontesi, degli emiliani e dei romagnoli, dei friulani e degli altoatesini, dei trentini e dei giuliani, dei liguri e dei valdostani – tanto per elencare quelli che voi ritenete i “padani” – non si sentono parte del vostro popolo. Anzi, molti di loro si sentono molto più vicini a quel popolo di malcapitati a cui negate posto negli asili e nelle scuole materne, che affamate nelle mense scolastiche, che criminalizzate rendendo clandestini, che schiavizzate per l’impossibilità di essere regolarizzati e avere quindi diritti, che respingete in mare facendoli morire nel Mediterraneo o imprigionare nelle galere nordafricane. Noi, gente del Nord, noi che ricordiamo di essere stati poveri e migranti, noi che abbiamo mandato migliaia di missionari e cooperanti in giro per il mondo, noi che abbiamo fatto nostra la cultura dell’accoglienza, con loro, semmai, con quegli immigrati che scappano dalla fame e dalla guerra ci sentiamo popolo. Non con voi. E ciò che non ha diritto di accoglienza e di cittadinanza è solo il razzismo e la xenofobia.