In Spagna c’è la crisi e così nel resto dell’Europa. Quindi aumenta la disoccupazione. Ma in Spagna non ci sono tutte le diavolerie di contratto che ci sono in Italia. In Spagna sostanzialmente c’è o il contratto a tempo determinato o a quello indeterminato. C’è più flessibilità in uscita, ma c’è il sussidio di disoccupazione, perché c’è un welfare per tutti, come in Francia, in Inghilterra e in Germania. Ma da noi non c’è. In Spagna non esiste lo scandalo tutto italiano dei 500.000 stage, non ci sono nove milioni di partite Iva, non esiste l’associazione in impresa e il lavoro nero è duramente punito, quando viene scoperto. In Spagna non esiste l’Ordine dei giornalisti, né l’albo, né l’esame di Stato, ma in nessuna redazione si trovano ragazzi che lavorano per anni a partita Iva, senza contratto giornalistico o, peggio, con stage gratuiti come avviene da noi. In Spagna non troverete mai una redattrice di una casa editrice che lavora come succede in Italia per sei anni senza avere mai il contratto giusto per il lavoro che sta facendo.
E’ chiaro che tutti i governi d’Europa, Spagna compresa, per rispondere ai buchi di bilancio non stanno trovando di meglio che tagliare sul welfare, sul sociale, sui sussidi di disoccupazione e che dovremmo assistere ad un peggioramento delle condizioni di lavoro. E questo colpirà le giovani generazioni. Ed è per questo che nascono gli Indignados, per difendere un livello di sostegno e di welfare che sentono minacciato e perché immaginano una uscita diversa dalla crisi. Rimane il punto che solo in Italia la partita della precarietà è stata interpretata in questo modo così selvaggio e illegale. Perché questo è il punto, siamo un Paese illegale, molto più degli altri visto che il 30 per cento del Pil da noi è prodotto in nero.
Per quanto riguarda invece lo spazio dedicato a San Precario, mi dispiace, ma non si misurano 110 minuti di racconto solo pesando quanto spazio è stato dedicato al singolo settore raccontato. E comunque di tutto si può accusare ‘Generazione sfruttata‘ meno che del fatto che non ha dato voce e forma alla protesta e alla voglia di riscatto. A cominciare dalle prime manifestazioni di reazione alle parole di Renato Brunetta, alla manifestazione nazione ‘Il nostro tempo adesso‘, mai raccontata da nessuno con il tempo che meritava, alle proteste del Salone del libro. Concludo che la storia finale dei 400 co.co.pro della cooperativa ausonia che grazie alla causa intenta da uno straniero sono riusciti a dimostrare, con due gradi di giudizio, che il contratto a progetto cui erano costretti era illegale dimostra che se si combatte si può anche vincere. E infatti oggi li stanno tutti assumendo con il contratto giusto. E finalmente avranno diritti e tutele.
Naturalmente, tutti hanno diritto di criticare un programma. Sarebbe bello che anche altre trasmissioni, che dedicano ore del palinsesto in prima serata a farci raccontare l’Italia dalle voci dei politici si consumassero le suole delle scarpe per dare voce ai protagonisti sociali. Così non saremmo i soli a farlo e sicuramente ci sarebbero altri che lo potrebbero fare meglio di noi. Sospetto purtroppo che questo non succederà. Ma questa, veramente, non è colpa nostra. Grazie e a presto Riccardo Iacona