Prosegue il nostro viaggio all’interno della musica, quella sotterranea, quella sconosciuta, quella all’ombra delle luci della ribalta e andiamo a conoscere una band romana nata nel 1999 dall’incontro di cinque musicisti con la passione per il sound e i costumi anni Cinquanta e Sessanta: ladies and gentleman, i Four Vegas.

Con un repertorio che comprende canzoni sia proprie sia cover di brani che hanno fatto la storia del rock ‘n’ roll (Elvis Presley, Jerry Lee Lewis, Chuck Berry, Little Richard e tanti altri) i Four Vegas attualmente sono in tournée con uno spettacolo tutto loro dal titolo Grease Party, uno show divertente e coinvolgente dove si cimentano col Twist, il Country, il Blues e brani tratti dalle colonne sonore di Grease e Happy Days.

Se fate un salto sul sito della band venite accolti da una scritta dorata che recita “Entusiasmo”, perché – nel loro modo di intendere la vita – è ciò di cui si ha bisogno e (quindi) lo ricercano costantemente in ogni cosa che fanno. E per i Four Vegas – Al Bianchi cantante e sex symbol della band (è così che mi si è presentato), Fabio Taddeo alla chitarra, Marco Barbizzi al basso, Alessandro Groggia al pianoforte e Gino Ferrara alla batteria – , è questa la loro missione: divulgare il verbo dei Profeti del Rock and Roll e condividere, assieme a tutti gli amici che ogni volta assistono numerosi ai loro concerti, l’essenza di uno stile di vita, l’entusiasmo. Ed è con un grande entusiasmo, quindi, che sono andato a intervistarli.

Come nascono i Four Vegas? Mi raccontate di voi, delle vostre esperienze in campo artistico?
I Four Vegas nascono con l’intento originario di proporre fondamentalmente la musica di Elvis Presley. Con il tempo e con l’avvicendarsi di vari componenti, il progetto iniziale è mutato fino all’attuale connotazione. Il nostro spettacolo Grease Party è ora teso sia al divertimento con il pubblico, attraverso gag e interazione, sia alla proposizione e riscoperta della musica americana e italiana degli anni ’50 e ’60. Da quasi sei anni la band ha trovato e stabilizzato la formazione ideale e cominciato anche, fortunatamente, a raccogliere importanti risultati come, tra l’altro, le nostre numerose apparizioni televisive.

Toglietemi una curiosità: visto che siete in 5 perché non vi siete chiamati Five Vegas?
In effetti il nome è un tantino fourviante… scherzi a parte, molto semplicemente perché agli inizi la band era formata da quattro elementi e quando si decise di introdurre il pianoforte il nome era ormai abbastanza conosciuto da indurci a mantenerlo e oltretutto il marchio Four Vegas era stato registrato. Con il tempo questa domanda è diventata una sorta di tormentone e ci diverte molto trovare sempre risposte bizzarre.

Mi parlate del vostro nuovo disco e come l’avete concepito?
Il nostro primo disco Viva Four Vegas altro non è che la proposizione di parte della nostra scaletta live. Nel secondo cd Gli Originali, costituito da 12 canzoni in italiano scritte da noi, ci siamo cimentati in arrangiamenti e sonorità decisamente più attuali senza tuttavia perdere di vista la nostra identità vintage soprattutto in testi come Dov’è la mia brillantina? che è uno dei brani di punta e che assieme a La felicità e a Mi ricordo sono stati trasmessi da molte radio in Italia.
Il nuovo disco dal titolo I Soliti Four Vegas è stato invece concepito quasi in risposta alle aspettative del nostro pubblico il quale, attento e preparato, chiedeva sempre più brani Rock and Roll o comunque vicini agli anni ’50. Così abbiamo selezionato 18 tra le nostre canzoni preferite, spaziando tra il Rock and Roll, Country e stupende ballate e abbiamo proposto un progetto di cover che, a giudicare dalle copie vendute, dal riscontro del pubblico e dalle recensioni ottenute, è stato un vero successo. Credo sia il nostro miglior lavoro dal punto di vista tecnico e qualitativo.

Il vostro motto è “Entusiasmo”, riproponete una musica datata, quella dei favolosi anni ’50. Non credete però, con i tempi che corrono, siano un po’ inadatte certe sonorità?
Il nostro parere è che il Rock and Roll, per quello che ha rappresentato, sia la musica classica del XX secolo e ciò è dimostrato nella sua onnipresenza in sigle, film, spot pubblicitari ecc. Anche a livello di immagine la moda e i designer assai frequentemente fanno riferimento a quegli anni. Basti pensare che da qualche anno il più grande evento live in Italia e il più grande in Europa per il genere è il Summer Jamboree a Senigallia, festival dedicato alla musica e al costume degli anni ’50, e proprio l’Entusiasmo è il messaggio subliminale di questa musica. Poi la musica in quanto tale non può definirsi datata perché piace sempre e per i più svariati motivi. Anche la musica strutturata su elementi primitivi viene ascoltata. Le nostre sonorità hanno degli ovvi richiami a quelle originali ma sono suonate ‘oggi’.

È possibile essere entusiasti nonostante la crisi globale?
Non solo è possibile, ma necessario. È proprio in momenti di crisi che non bisogna deprimersi altrimenti le vie di uscita diventano davvero poche. Allora ecco la funzione terapeutica del nostro Entusiasmo. Ovviamente ognuno lo può cercare dove crede, noi diamo solo una possibile alternativa.

Come nasce la vostra passione per questo genere?
Se diciamo che è stato il R’n’R a scegliere noi, credo sia abbastanza retorico e già sentito, vero? Qualcuno di noi l’ha scoperto da bambino ascoltando i dischi che c’erano in casa, altri si sono avvicinati dopo vari percorsi musicali, anche molto distanti, ma una volta che vi sono entrati in contatto ne sono rimasti stregati, non di meno dall’incredibile risposta del pubblico.

Quali sono le figure a cui vi ispirate?
Partendo appunto da posizioni diverse le nostre figure di riferimento sono molteplici. È evidente che la musica e la figura di Elvis siano fondamentali nella ideologia originaria del progetto. Ma tra noi c’è chi è ispirato anche dai grandi crooner, dalle band punk, dai leggendari bluesman e molto altro anche decisamente distante da questo genere. Insomma l’essenza del Rock and Roll come grande crogiuolo di stili e generi. L’ormai classica unione di bianchi e neri.

Quale prevedete sia il futuro della musica? E come considerate la scena musicale italiana?
Lo scenario che ci appare è abbastanza complesso. Le nuove tecnologie, la Rete, il peer to peer e molto altro rendono il lavoro del musicista, delle case discografiche e dei rivenditori tanto interessante quanto allo stesso tempo rischioso e pieno di incognite. Noi proponiamo una musica nata, scoperta, proposta e divulgata fondamentalmente d’istinto e invece oggi dobbiamo accantonare l’idea romantica del talent scout o della casa discografica che punta sui giovani artisti dandogli tutto il tempo per crescere e maturare. Il mordi e fuggi purtroppo è diventato un modus operandi che poco si addice alla creatività e alla qualità del prodotto. La scena musicale italiana ovviamente risente di quanto appena detto, sebbene presenti dei grandi talenti. La cosa che posso però notare è la mancanza di personalità e originalità in molti prodotti e forse è quello su cui si dovrebbe lavorare.

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