Yahoo, forse, diventerà cinese. Fin qui niente di sconvolgente: i magnati in arrivo da Pechino stanno facendo shopping di aziende in tutto il mondo. Il problema è che stavolta si tratta di un motore di ricerca importante (anche se in difficoltà rispetto ai rivali), con tutto quello che ciò comporta, pure il rispetto della privacy degli utilizzatori del servizio mail. Da questo punto di vista il regime cinese si è dimostrato poco rispettoso nel passato. E il miliardario interessato a prendere il controllo di Yahoo (secondo Bloomberg alleato con la russa Digital Sky Technologies e il fondo di private equity Silver Lake) si è sempre detto rispettoso del suo governo. Anche troppo, secondo alcuni.
Cominciamo proprio da lui, Jack Ma, 47 anni, alias il padre dell’Internet cinese. Oscuro professore d’inglese di Hangzhou, a Sud di Shanghai, venne inviato agli inizi degli anni ’90 in California a dirimere una diatriba commerciale. La leggenda vuole che sia stato addirittura fatto prigioniero dai suoi interlocutori, poi abbia cominciato a fare business con loro e sia finito a Silicon Valley, dove scoprì la Rete. Al suo rientro in patria creò il primo web cinese, China Pages. Riuscì davvero a “svoltare” nel ’99 con la creazione di Alibaba, piattaforma business to business (B-to-B), riservata alle aziende. Che ha vissuto un boom, dovuto all’utilizzo da parte delle società cinesi manifatturiere, fornitrici di imprese di tutto il mondo. E’ ormai nel top dei 10 maggiori siti del pianeta.
E’ per questo che, nel 2005, i vertici di Yahoo, che nel Paese asiatico non decollava, pensarono a Jack Ma. Gli affidarono la gestione della filiale. Lui si impegnò anche finanziariamente in Yahoo China. E in cambio il colosso asiatico (fondato da un altro cinese, Jerry Yang, americano originario di Taiwan) investì un miliardo di dollari in Alibaba, acquisendone il 40%. Progressivamente Jack ha alzato la testa. Finché nella primavera scorsa ha buttato fuori i partner di Yahoo dalla joint venture che avevano creato nel settore dei pagamenti online Alipay. Poi, nei giorni scorsi, il miliardario si è detto “molto interessato” a prendere il controllo di Yahoo. Il gruppo ha cacciato all’inizio di settembre l’amministtaore delegato Carol Bartz, per non aver raggiunto gli obiettivi di crescita previsti. E aver perso terreno rispetto a Google e Facebook.
L’arrivo di Ma ai vertici di Yahoo potrebbe ridare forza al gigante di Internet. Anche altri gruppi sono interessati a mettere le mani su Yahoo, Microsoft in particolare, ma il legame, pure societario, mediante Alibaba danno al miliardario cinese una sorta di veto sul nuovo «padrone». Ma che tipo è questo Jack? Dietro il suo aspetto giovanile e sorridente, è molto determinato. E ha le idee chiare su diversi punti. In un’intervista concessa nel 2003 al quotidiano francese Libération, alla domanda: che cosa direbbe a un operaio europeo che ha perso il lavoro a causa della delocalizzazione in Cina? Aveva risposto: “Mi dispiace per te. E lo incoraggerei a far studiare di più suo figlio, perché non subisca la stessa sorte”. Aveva poi sottolineato: “Al nostro gruppo interessano i ricchi e coloro che lo vogliono divenire. I poveri li lasciamo ai nostri concorrenti”.
Ma quello che più preoccupa è il suo atteggiamento nei confronti delle autorità di Pechino. Queste condannarono nel 2005 il giornalista Shi Tao a dieci anni, per “diffusione di segreti di Stato”, basandosi su documenti forniti dalla filiale cinese di Yahoo. Il gruppo americano ha dovuto scusarsi pubblicamente. Mentre Ma ha sempre giustificato l’accaduto, sottolineando che era quello che andava fatto: rispondere a ogni richiesta di file privati. Da parte del suo governo non perde mai l’occasione di dire che “il nostro gruppo ha ottime relazioni con le autorità cinesi”. Jeff Chester, del Center for Digital Democracy, ha chiesto al Congresso Usa di opporsi a un’eventuale acquisizione di Yahoo da parte di Alibaba: “I dati privati degli americani potrebbero ritrovarsi sotto il controllo di un’impresa che ha stretti legami con il Governo cinese”. L’avanzata di Jack, pero’, appare sempre più inesorabile.