Il premier deve incontrare il primo ministro macedone, ma l'udienza di oggi prevedeva testimoni arrivati da Montecarlo, con data fissata dalle autorità monegasche. Il pm De Pasquale: "L'impegno istituzionale poteva essere fissato a un'altra ora". Intanto la Corte costituzionale giudica ammissibile il conflitto d'attribuzione scaturito dallo stesso dibattimento
Nell’udienza di oggi del processo Mediaset, a chiedere i legittimo impedimento è stato l’avvocato Piero Longo, motivandolo con il fatto che Berlusconi ha un “impegno istituzionale” a Roma: l’incontro con il primo ministro della Repubblica macedone, i cui “orari” si sovrappongono con quelli dell’udienza di oggi. Già nell’udienza scorsa, il presidente del collegio Edoardo D’Avossa aveva spiegato di non poter spostare l’udienza, in quanto la programmata audizione in rogatoria di due testimoni monegaschi era stata fissata in accordo con l’autorità giudiziaria di Montecarlo.
Nonostante questo, il 30 settembre i legali del premier avevano fatto pervenire in cancelleria un fax in cui si dichiarava che sia i legali stessi sia il capo del governo erano impossibilitati a presentarsi in aula. Così oggi il collegio ha respinto la richiesta, ribadendo che “l’interesse prevalente” è quello di svolgere puntualmente la rogatoria, “avviata quattro anni fa”. Il giudice D’Avossa si è anche richiamato ai principi della Consulta, che a proposito di legittimo impedimento ha sottolineato in passato la “necessità di collaborazione tra le parti” e il “contemperamento degli interessi”.
Il pm Fabio De Pasquale si era opposto all’istanza spiegando che il premier avrebbe potuto anche fissare “in mattinata o tarda serata” l’incontro con il primo ministro della Macedonia. La questione, ha precisato, non è se l’incontro istituzionale “sia un legittimo impedimento o meno”, ma se “fosse proprio necessario fissare questo incontro che va a sovrapporsi con questa rogatoria”. Per il pm “l’incontro poteva essere effettuato in mattinata o tarda serata”.
E’ ancora il processo Mediaset al centro della decisione della Consulta di giudicare ammissibile il conflitto di attribuzione sollevato dalla presidenza del consiglio contro il tribunale di Milano, sempre in tema di legittimo impedimento. Nel ricorso, la presidenza del consiglio chiede alla Consulta di annullare l’ordinanza con cui il primo marzo del 2010 il collegio presieduto da D’Avossa rifiutò il rinvio dell’udienza per la concomitante riunione del consiglio dei ministri.
“Non spetta al Tribunale di Milano stabilire che non costituisce impedimento assoluto alla partecipazione alle udienze penali, e perciò causa di giustificazione della sua assenza, il diritto-dovere” del premier a “presiedere una riunione del Consiglio dei ministri”, si legge nell’istanza della presidenza del consiglio. “E ciò vale anche nel caso in cui la riunione in origine fissata in un giorno non coincidente con la data dell’udienza, venga fatta slittare, così come è avvenuto nel caso del Cdm del primo marzo 2010, rinviato dal venerdì al lunedì a causa della “complessa elaborazione” del ddl sull’anti-corruzione.
Relatore della causa sarà il giudice costituzionale Sabino Cassese. Ma ora, stando alle dichiarazioni dell’avvocato Longo dopo l’udienza del processo milanese, Palazzo Chigi potrebbe sollevare l’ennesimo conflitto di attribuzione a proposito della richiesta di rinvio respinta oggi dal tribunale. Il processo sui diritti tv è stato rinviato al prossimo 26 ottobre per sentire alcuni testi in rogatoria dagli Stati Uniti.