Il caldo piace. Tuttavia, anche i più meteoropatici, di fronte a un paio di mesi di bel tempo ininterrotto, sono costretti a chiedersi che fine abbiano fatto le nuvole e la pioggia.
In questi contesti, l’iter delle notizie a mezzo stampa è pressappoco sempre lo stesso: si inizia condannando il maltempo, poi quando arriva il sole si festeggia; si continua a festeggiare per alcune settimane (sottolineando l’orgasmo degli operatori turistici balneari), infine qualcuno si accorge che – diamine! – non ci sono più le stagioni. A questo punto, si può scegliere se concentrarsi sulla siccità o sul riscaldamento globale; ma se da un lato la siccità è sotto gli occhi di tutti, il riscaldamento globale risulta più difficile da credere e da argomentare.
Cosa ci dicono? A grandi linee, ci dicono che è colpa dell’anidride carbonica: dopo la minaccia dei clorofluorocarburi e del piombo nella benzina, ora il mondo ha paura dell’anidride carbonica. E dopo avere investigato anche sulle flatulenze dei ruminanti, si corre ai ripari con virtuosismi quali le omologazioni Euro 5 per le autovetture, gli Ecopass e una miriade di consigli su come cambiare la propria vita quotidiana per amore dell’ambiente. Ma i veri colpevoli del riscaldamento globale sono sempre in alto, lontani: sono i grandi del pianeta. E quindi i comuni mortali si possono tutto sommato rilassare.
Una volta assunta la giusta dose di deresponsabilizzazione, è sufficiente fare un giro in bicicletta per accorgersi che tra il centro abitato e la campagna ci sono almeno quattro gradi di differenza. Quella città che su Google Maps appare come una chiazza grigia, per chi ci vive dentro è come un’enorme caldaia.
Un’automobile, una volta spenta, cessa di inquinare. Una nuova lottizzazione, invece, toglie definitivamente respiro al pianeta. Continuiamo a pensare che sia colpa della Cina (per farla breve) e ad accettare che nei piani regolatori delle nostre amministrazioni siano previste espansioni urbanistiche a oltranza: una casa in più, magari passiva, che differenza può fare? E ci sembra inverosimile che il pianeta si surriscaldi per davvero anche un po’ per colpa nostra, nonostante quei quattro gradi a portata di bicicletta.