“Si evita scientificamente di andare sul terreno degli accertamenti interni allo Stato”. Parole durissime, contenute nella memoria depositata stamani dagli avvocati Luca Cianferoni e Antonio Turrisi, difensori del boss del Brancaccio Francesco Tagliavia chiamato a rispondere sulla strage di via dei Georgofili del 27 maggio 1993 e sulle altre stragi di mafia del ’93 a Milano e a Roma. “Per un Tagliavia condannato (…) permarranno ambiti di ignoto notevolissimi, verso i quali non si sa perché, diciamo così, lo Stato non abbia mai voluto procedere – scrivono i difensori – e tali che allora la posizione di Tagliavia, basata unicamente su accuse provenienti da un pentito come Spatuzza, si può rivedere sotto tutt’altra luce”.

La difesa ha di nuovo concentrato la propria discussione sull’inattendibilità di Gaspare Spatuzza, smontando quello che per l’accusa è un punto forte: l’ammissione al programma di protezione del pentito. “Non era forse ammesso al programma anche Vincenzo Scarantino?” incalza Cianferoni, ribadendo l’innocenza del suo assistito. Come d’altronde ha fatto Tagliavia stesso poco prima che la Corte d’Assise di Firenze si riunisse in camera di consiglio. “Mi affido a voi, valutate le cose per come stanno. Sono innocente” ha detto l’imputato.

La sentenza arriverà con tutta probabilità nel tardo pomeriggio. Nella memoria depositata dalla difesa si sottolinea dunque come il provvedimento di sottoposizione al programma di protezione di Spatuzza “nulla aggiunge o toglie”. A dire dei legali aggiunge qualcosa, invece, la sentenza della Corte d’Appello di Palermo sulla vicenda processuale di Marcello Dell’Utri. Anche se la Corte di Assise di Firenze non ha ritenuto di ammettere “la produzione della sentenza, nell’ambito della quale Spatuzza è stato riconosciuto inattendibile – prosegue la memoria – non per questo detta sentenza non esiste”. Altri punti sui quali fa leva la difesa di Tagliavia, che sconta già altre condanne all’ergastolo nel carcere di Viterbo, sono “l’evidente e vivissimo rancore di Spatuzza” nei suoi confronti e il fatto che il pentito abbia riferito “quanto già si sapeva”. Nulla di nuovo dunque, per la difesa, che insiste per la richiesta di assoluzione.

Tagliavia, accusato di aver organizzato materialmente la strage dei Georgofili, secondo le parti civili fu in più occasioni una figura chiave e questo, nelle memorie a firma dell’avvocato Danilo Ammannato, si evince chiaramente. Tra i vari passaggi, si richiama la richiesta di Tagliavia di una ricerca di una base logistica in Toscana per la strage di via dei Geogofili, a “Pontassieve, poi lasciata cadere quando Matteo Messina Denaro trovò la strada di Messana (Antonino Messana, l’uomo nella cui abitazione di Prato venne imbottito di tritolo il Fiat Fiorino usato per l’attentato, ndr) a Prato tramite Giuseppe Ferro”. Le parti civili rimarcano anche come “risulta provato con certezza dalle dichiarazioni di Pasquale Di Filippo, Emanuele Di Filippo, Giovanni Drago e Pietro Romeo che Tagliavia è il capo indiscusso della famiglia di Corso dei Mille”. E concludono sottolineando che “la prova penale di colpevolezza di Tagliavia è costituita non da due chiamate incrociate de relato ma da otto plurime chiamate convergenti costituite dalle dichiarazioni di Spatuzza, Romeo, Carra, Grigoli, Scarano e dei tre collaboratori interni al mandamento Brancaccio per cui Tagliavia, braccio destro di Giuseppe Graviano, ha deciso, deliberato e ordinato le stragi del 1993 mettendo a disposizione uomini di assoluta fiducia per macinare l’esplosivo e per eseguire le stragi, finanziando le trasferte in continente”.

di Sara Frangini

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