Quando il Governo francese, in pieno agosto, al pari di quello italiano, era dovuto correre ai ripari con un piano d’austerità (di “soli” 12 miliardi, pur sempre una manovrina), il premier François Fillon aveva annunciato perfino una nuova tassa sulle bollicine. O meglio, sulle bevande gassate con aggiunta di zuccheri, Coca Cola e compagnia. L’imposta, giustificata dall’Esecutivo come “misura anti-obesità”, era stata fortemente contestata. E così sembrava quasi che Fillon e i suoi volessero rinunciare alla novità. Invece, niente di tutto questo: Valérie Pécresse, ministro del Bilancio, ha appena confermato che la tassa scatterà dal primo gennaio prossimo. E che il suo importo sarà probabilmente raddoppiato rispetto a quanto stabilito agli inizi.
La “taxe soda”, come viene chiamata a Parigi, sarà introdotta mediante la finanziaria 2012, in questi giorni in discussione in Parlamento. Bernard Reynès, deputato dell’Ump, il partito di centro-destra (lo stesso di Nicolas Sarkozy), presenterà la prossima settimana un emendamento per il suo raddoppio: una mossa che trova l’appoggio della Pécresse e di una larga maggioranza di parlamentari. Si trattava di un centesimo in più per ogni lattina da 33 cl: ora saranno due. Poco, si dirà. In ogni caso invece di 120 milioni lo Stato ne incasserà 240, una bella cifra. La Pécresse ha specificato che l’imposta sarà aumentata «ma non estesa alle bevande che contengono edulcoranti, né a succhi di frutta o alle acque minerali». Anche se, pure qui non è detta l’ultima parola: tanti deputati e senatori sarebbero favorevoli ad applicarla pure alle varie Coca o Fanta light.
Quando, lo scorso 24 agosto, Fillon annunciò la “taxe soda” tra le misure di austerità, scoppiò un vero putiferio. L’Ania, l’associazione di categoria dei prodottori del settore alimentare, puntò il dito sulla colpevolizzazione del comparto bevande gassate: sul fatto che la tassa, una première a livello europeo, fosse presentata come “anti obesità”, quasi che solo quei prodotti ne fossero all’origine. La filiale francese di Coca Cola arrivò addirittura a minacciare il blocco di nuovi investimenti per 17 milioni di euro nell’impianto dell’area di Bouches-du-Rhone per poi minimizzare il tutto, parlando di “errore di comunicazione”. Qualche sociologo giunse perfino a considerare la normativa socialmente ingiusta, perché sono i ceti meno abbienti a consumare più bevande gassate.
Il ministro Pécresse, comunque, non si è fatto intimidire. Ha spinto per il raddoppio, anche se, per calmare le acque, dal testo della finanziaria ha tolto qualsiasi riferimento all’obesità per la nuova tassa. E’ chiaro, pero’, che lo «spirito» dell’imposta rimane quello. Basta vedere a chi andranno i 120 milioni di euro in più incassati moltiplicandola per due: serviranno a ridurre i contributi sociali dei lavoratori agricoli stagionali. Cosi’ da alleggerire il costo della manodopera e, di conseguenza, i prezzi di frutta e verdura. Il contrappasso è pienamente all’opera.
L’obesità è un problema che preoccupa sempre più i francesi. Ma in realtà riguarda solo un francese su dieci, una delle proporzioni più basse d’Europa, la stessa dell’Italia (contro il 34% di tasso di obesità negli Usa). Ma in Francia la quota è aumentata costantemente negli ultimi anni. Fra l’altro gli uomini con un livello di istruzione meno elevato hanno 1,6 volte più possibilità di essere obesi di coloro che sono più istruiti: è la proporzione massima dell’Ocse (1,3 volte per i maschi italiani). Quanto alle donne, quelle che sono andate più a scuola hanno 2,8 volte più possibilità di cadere nell’obesità, ancora uno dei livelli più alti dell’area Ocse (ma sono ben 3 volte per l’Italia). Insomma, l’abuso di certi alimenti riguarda soprattutto i meno istruiti, che in genere sono anche i meno abbienti, in una società che resta molto a compartimenti stagno dal punto di vista sociale.
Intanto l’esempio francese viene seguito altrove in Europa. I governi irlandese e scozzese stanno discutendo la possibilità di applicare un’imposta equivalente. Mentre, già all’inizio di settembre, l’Ungheria ha introdotto la “tassa hamburger” che colpisce le bevande gassate con eccessivi zuccheri, ma anche gli alimenti con troppi sali, glucidi o caffeina. Le entrate finiscono direttamente nelle casse della sanità pubblica.