Il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna (Tas) ha dato ragione al comitato olimpico degli Stati Uniti, che aveva presentato ricorso contro la regola 45 della Carta del CIO, la quale stabiliva che gli atleti puniti con un periodo di stop superiore ai sei mesi non potessero gareggiare nelle due successive edizioni dei Giochi
Liberi tutti, o quasi. Le Olimpiadi di Londra del 2012 iniziano, come ormai di consuetudine da qualche tempo a questa parte per gli eventi sportivi più popolari, con la sentenza di un tribunale. Che nell’occasione stabilisce che ai Giochi olimpici del prossimo anno potranno partecipare anche gli atleti che in passato hanno scontato squalifiche per doping superiori ai sei mesi.
Il Tribunale arbitrale dello sport di Losanna (Tas) ha dato ragione al comitato olimpico degli Stati Uniti. Gli Usa avevano presentato ricorso contro la regola 45 della Carta olimpica del CIO, la quale stabiliva che gli atleti puniti per doping con un periodo di stop superiore ai sei mesi non potessero gareggiare nelle due successive edizioni delle Olimpiadi. La norma era in vigore da tre anni. Per metterla da parte, è stato sufficiente che i legali a stelle e strisce dimostrassero che non era possibile aggiungere una sanzione ad un’altra, peraltro già scontata.
Felicissimo per la sentenza del Tas anche l’avvocato di LaShawn Merritt, il velocista statunitense che all’inizio del 2010 era stato squalificato per 2 anni. Le analisi dimostrarono che aveva ingerito una sostanza che migliora le prestazioni sessuali. Ci risiamo. Anche lui, come molti altri, dichiarò di non sapere di infrangere le regole antidoping internazionali. Rimase fermo per qualche mese. Poi la sanzione gli venne ridotta, e di parecchio. Tanto che ai recenti mondiali di Daegu, in Corea del Sud, è salito per due volte sul podio. E’ uno degli uomini più veloci al mondo sui 400 metri piani. E a Londra conta di dimostrarlo, difendendo la medaglia d’oro che vinse a Pechino nel 2008.
Tuttavia, Merritt non sarà probabilmente l’unico a beneficiare del via libera concesso dal Tas. Potrebbero presentarsi a Londra anche il ciclista spagnolo Alejandro Valverde, pizzicato con le mani nella marmellata nel 2006 e messo al bando prima dal Coni, che gli impedì di gareggiare sul territorio italiano, e poi dalla Federazione ciclistica internazionale, che non diede troppa importanza alle proteste della Federazione spagnola, che da sempre considera il suo atleta innocente. E cosa dire della martellista russa Tatyana Lysenko, che nel luglio 2007 venne trovata positiva ad un inibitore degli ormoni femminili e per questo ricevette dal Cio una condanna di due anni.
Il Comitato olimpico internazionale era convinto che servisse una norma severa per combattere in modo sempre più efficace il doping. La regola 45 era stata introdotta con questo obiettivo, per venire incontro alla richiesta di “tolleranza zero” che era stata espressa in numerose occasioni dalle istituzioni sportive più rappresentative. Con la sentenza del Tas, cambiano completamente gli scenari. Perché il nuovo dispositivo è destinato ad aumentare la confusione che precede l’avvio dei Giochi di Londra. La ragione è semplice: la sentenza del Tas non è vincolante per le federazioni nazionali. Ciò significa che la Spagna potrebbe presentare tra i suoi atleti Valverde e che l’Italia potrebbe invece decidere di lasciare a casa i ciclisti Davide Rebellin e Danilo Di Luca, colpevoli di aver fatto uso di doping nel recente passato. La Federciclismo italiana non ha dubbi in merito. “Noi – ha detto Di Rocco, il numero uno del ciclismo di casa nostra – continueremo a non convocarli e se ci saranno ricorsi li affronteremo. Sul piano giuridico le sentenze vanno rispettate, ma avevamo fatto un salto di qualità per una maggiore credibilità del sistema ciclismo”.