Da almeno un anno l'amministrazione comunale forlivese non paga oltre 300 aziende, tra cui molti piccoli artigiani, per i servizi prestati. Il debito è di 21 milioni di euro. L'assessore alle finanze: "Avremmo a disposizione 43 milioni di euro, ma il Patto di Stablità imposto dal governo ci impedisce diusarli per le imprese creditrici"
In un quadro in cui l’indebitamento comunale, seppur in calo, tocca ancora quota 140 milioni di euro, la linea che il Comune è costretto a seguire suona come una beffa: abbiamo i soldi in cassa, ma il Patto di stabilità di Giulio Tremonti non ci consente di aprire la borsa.
Prima che sia troppo tardi, è stato l’assessore forlivese alle Finanze, la commercialista Emanuela Briccolani, a lanciare pubblicamente la propria ‘operazione verità’. Tra le 300 imprese che restano alla finestra (aziende edili, elettricisti, manutentori e così via), i singoli importi dovuti risultano tra i più vari: c’è chi aspetta qualche centinaio di euro e chi qualche migliaio, in un solo caso si arriva fino al milione di euro. “I pagamenti sono fermi, speriamo che entro la fine dell’anno si sblocchi qualcosa. Abbiamo 43 milioni di euro disponibili per saldare i conti con i nostri fornitori, ma che dobbiamo tenere bloccati a causa del Patto di stabilità di Tremonti”, scandisce Briccolani in un incontro convocato appositamente con i giornalisti.
A questo scenario vanno affiancate le ripercussioni dell’ultima manovra governativa sui conti comunali forlivesi: nel 2012, ad esempio, in città ci sono meno soldi per investire pari a 7,5 milioni di euro. Nella migliore delle ipotesi, pare, il Comune romagnolo potrebbe racimolare un paio di milioni di euro. Come? In due modi.
Da una parte Forlì resta in attesa di una decisione da parte della Regione Emilia Romagna sul fronte residui passivi, sbloccandone una parte. Inoltre, come riportato sulla stampa economica in questi giorni, ci sarebbe una norma nazionale che paventa la possibilità di sbloccare i pagamenti per una misura allo 0,75% rispetto ai debiti del singolo ente locale. Forlì segue tutte le piste, senza illudersi. “Ma è da Roma che devono arrivare risposte”, insiste Briccolani. E snobbare il Patto di stabilità, procedere a testa bassa senza rispettare i limiti del decreto del 2008? Il Comune dovrebbe pagare l’equivalente dello sforamento praticato in termini, l’anno successivo, di decurtazione di trasferimenti da Roma: non una gran soluzione.
La strada della cessione dei crediti pro soluto (valida dai 30 mila euro in su) per dare fiato all’economia locale, lanciata in questi anni anche dalla Camera di Commercio provinciale, resta battuta ma c’è già qualche istituto di credito che si sfila dopo gli accordi firmati. Se nel corso del 2010 questa formula ha fatto ‘cedere’ fino a 10 milioni di euro, quest’anno si è fermi a otto milioni.
Non solo: dal gruppo dei finanziatori si smarca la Banca Infrastrutture Innovazione e sviluppo. “Perché non è più disposta, non ritiene più convenienti le condizioni contrattuali attuali”, afferma Briccolani. In ogni caso, le fatture oggi in sospeso (gli ultimi pagamenti risalgono a ottobre-novembre del 2010) riguardano per il 60-70% investimenti programmati, e quindi mutui, da amministrazioni precedenti quella attuale. A fronte di muti già accesi, i fornitori non si possono pagare.
Fatto sta che la situazione per le imprese artigiane del territorio resta a dir poco critica. Tra gli addetti ai lavori c’è già chi immagina qualche fallimento entro la fine dell’anno, un destino che non riguarderebbe quelle ditte individuali che da tempo non lavorano più per l’amministrazione, ormai sempre meno il ‘cliente sicuro’ di una volta. Se per ora le associazioni degli imprenditori non si espongono, è Briccolani che prova di dare un consiglio ai propri fornitori: “Possono muoversi in una direzione, ovvero cercare di ottenere crediti pro soluto in autonomia, cederli ad una società disposta ad acquistarli”.