Immigrato regolarmente dalla Striscia di Gaza dodici anni fa, il trentenne Fadi Karajeh è diventato protagonista, suo malgrado, di un assurdo intoppo burocratico. Nel 2005 venne fermato mentre guidava l'auto in stato di ebbrezza. Ad oggi per il Ministero degli Interni è "una persona che non ha raggiunto un grado sufficiente di integrazione". Lui: "Stanno violando la mia libertà e dignità personale".
Un tasso alcolemico superiore a quello consentito, il sequestro della patente che poi ha riottenuto e la pena pecuniaria, anche questa pagata regolarmente. Sembrava un caso come tanti altri. E invece no. Fadi i suoi due bicchieri di troppo dopo una serata con gli amici li sta pagando giorno dopo giorno. Da quando, nel 2009, ha chiesto di diventare cittadino italiano e la risposta è stata il più gelido dei no. Il perché lo ha messo nero su bianco un funzionario del Ministero dell’Interno: Fadi Karajeh “non ha raggiunto un grado sufficiente di integrazione che si dimostra anche attraverso il rispetto delle regole di civile convivenza”.
Le regole della convivenza, però, Fadi le ha rispettate da quando è arrivato in Italia. Da anni convive con una ragazza italiana, ha lavorato come interprete per il Tribunale di Ravenna, ha seguito corsi di formazione e quando ti mostra con frustrazione le carte che lo condannano alla non cittadinanza parla in un italiano perfetto. Per lui non c’è stato solo il no del Ministero. A Fadi, che viene dalla striscia di Gaza, dal 2007 è stato riconosciuto lo status di rifugiato politico dall’agenzia dell’Onu Unrwa. Nato in Kuwait da genitori palestinesi, Fadi è cresciuto senza cittadinanza, colpevole di una situazione politica che si trascina ormai da decenni e che condanna lui e molti altri a restare cittadini di nessuno. Oggi non può più ritornare a casa perché il suo passaporto giordano temporaneo è scaduto, non ha potuto partecipare al funerale del padre morto in Palestina, e nemmeno riscuotere la piccola eredità paterna, così come non ha mai più potuto rivedere i parenti e gli amici che si è lasciato sull’altra sponda del Mediterraneo.
Una situazione che potrebbe risolversi nel più semplice dei modi. Con la concessione della cittadinanza italiana. Ma per il Ministero lui continua a restare “non sufficientemente integrato” per una violazione del codice della strada di anni e anni fa che però, scrive il Ministero, “genera allarme sociale”. E dire che per il Comune di Ravenna Fadi è un “cittadino modello, perfettamente integrato, con profonda conoscenza della lingua e della società italiana, attento e generoso attore della comunità locale sia sul piano civile, che sociale e economico”. Ma c’è di più. Non avendo cittadinanza Fadi non può nemmeno sposarsi con la compagna con cui convive dal 2002. “Non posso farlo – spiega – perché non c’è un anagrafe che sia in grado di dichiararmi celibe”.
“La condizione di incertezza in cui sono costretto a sopravvivere – ha scritto Fadi in un appello lanciato in rete – mi logora giorno per giorno, impotente e senza possibilità di confronto diretto con chi deve decidere del mio futuro e della mia libertà e dignità personale”. Fadi ha inviato lettere al Ministero dell’Interno, al Presidente della Repubblica, al Presidente della Camera (l’unico per ora a avere preso in considerazione il suo caso) e all’Alto Commissariato della Nazioni Unite per i rifugiati. Se non otterrà risposte promette di rivolgersi direttamente alle Ong che si occupano di violazioni dei diritti umani, Amnesty International e Human Rights Watch in testa.
di Giovanni Stinco