L'allarme lanciato dagli agenti di polizia penitenziaria: "Unica soluzione al sovraffollamento sarebbe far uscire i tossicodipendenti". Ma il problema cibo resta grave e al momento irrisolvibile
L’allarme arrivato Bologna, ma riguarda tutta Italia, era già stato preannunciato, come riportato da ilfattoquotidiano.it, da alcuni deputati in visita al carcere della Dozza a luglio. Allora sembrava un’ipotesi remota, quasi una polemica estiva tra parlamentari. Oggi invece la comunicazione di stringere la cinghia da Roma è arrivata puntuale. A denunciare il fatto il sindacato di polizia penitenziaria, Sappe, che sabato 8 ottobre ha tenuto a Bologna un presidio con alcune decine di agenti proprio davanti al carcere della Dozza (una delle strutture più critiche d’Italia) per protestare contro le condizioni di lavoro e di vita dentro la struttura.
Nell’istituto del capoluogo emiliano ci sono 1.200 detenuti a fronte di una capienza di massimo 450. Inoltre gli agenti chiedono da tempo rinforzi: sono in 350 ma dovrebbero essere almeno 550. Ma anche i dati nazionali non sono da meno: 68 mila detenuti contro i 44 mila che potrebbero essere ospitati nelle patrie galere. Il sovraffollamento è dato soprattutto dalla presenza degli stranieri e non a caso molto è molto più sentito nelle città del nord, dove la presenza dei cittadini di altri Paesi e molto più marcata. Anche nel Mezzogiorno tuttavia non si scherza, se si pensa che i detenuti “in più” a Napoli Poggioreale sono 1500. Inoltre a livello nazionale mancano 6.500 agenti su un numero attuale di circa 38 mila.
“Le attività rieducative ormai sono pochissime, e saranno sempre meno visto che i fondi andranno usati per mangiare. Al momento a Bologna si stanno già utilizzando soldi stanziati per il primo semestre del 2012”, spiega Giovanni Battista Durante, segretario aggiunto nazionale del Sappe. Insomma a Bologna si raschia il fondo del barile giusto per tirare a campare così come in molte parti d’Italia. Mancano i soldi perfino per portare i detenuti in tribunale e molti processi in tutta Italia sono stati rinviati per questo motivo.
Ma quale è la soluzione al sovraffollamento prospettata dagli agenti? La legge 199 del 2010 dell’allora guardasigilli Angelino Alfano, che prevedeva i domiciliari per le pene più lievi, ha fatto uscire appena 3 mila persone sulle 11 mila che avrebbero potuto beneficiare del provvedimento. Il perché è noto: gran parte dei possibili beneficiari erano gli stranieri che, non avendo in molti casi un domicilio, sono stati costretti a rimanere al fresco. Qualche altra possibilità ci sarebbe: “Si potrebbero fare uscire i tossicodipendenti, che sono 300 a Bologna e 17 mila in tutta Italia”, spiega Durante. “C’è anche una legge secondo la quale chi deve scontare non più di sei anni, possa uscire dal carcere dopo avere superato un programma di riabilitazione”.
Già, ma, come ammettono gli stessi agenti, spesso mancano le strutture riabilitative e i soldi per riabilitare le persone. Eppure i pochi fondi a disposizione della macchina penitenziaria, secondo gli agenti, si potrebbero investire meglio: “Si parla da tre anni di piano carcere e sono stati stanziati più di 700 milioni di euro, ma non si capisce che costruire nuove carceri è assolutamente inutile se non si assume nuovo personale”, spiega Durante. “In Italia abbiamo 6 mila posti detentivi inutilizzati. In Emilia Romagna ci sono 6 strutture vuote a Modena, Forlì, Parma e mancano 650 agenti”. Poi il segretario del sindacato lancia la sfida ai vertici del Dap: “C’è una cattiva gestione, oltre alla carenza dei fondi. Chi sta ai vertici o si dà una mossa o meglio che vada a fare altro”.
La carenza di cibo che rischia di abbattersi sulle carceri potrebbe colpire soprattutto i detenuti stranieri, che sono oltre il 60 % a Bologna e circa il 40 % in Italia. Molti di loro, non avendo dei loro soldi personali per comprarsi da mangiare o non avendo una famiglia alle spalle, mangiano solo quello che passa il convento, o meglio il carcere. Ma se ora anche il rancio comune è a rischio per ammissione degli uffici di Roma, la situazione rischia di degenerare. “A Bologna al momento si mantiene tranquilla grazie alla pazienza e la professionalità degli agenti, ma basta un attimo perché precipiti”.
La polizia penitenziaria di stanza a Bologna da tre giorni protesta anche per la condizione della sua mensa. “Molte volte il cibo finisce già alle 13 e dopo distribuiscono solo pasti freddi – denuncia Durante che poi prosegue – Chiediamo anche che la direzione del carcere faccia un’indagine sull’igiene nei locali dove viene conservato il cibo per gli agenti”. L’igiene nel deposito cibo dei detenuti potrebbe invece non servire, visto che tanto rischia di rimanere vuoto.