Nel 2015 i permessi per gli stabilimenti saranno riassegnati con gara di evidenza pubblica, come chiede l'Europa. Ma c'è chi, fidandosi della legge italiana, ha investito tutti i suoi risparmi e si vedrà soffiare la concessione da qualche grande tour operator con maggiori disponibilità economiche. Come Marcello di Finizio, da 32 giorni in sciopero della fame
Investimenti a perdere
Se da un lato c’è chi ha speculato sugli arenili grazie ad un regime normativo di manica larga, dall’altro ci sono famiglie che hanno investito tutti i propri risparmi sul piccolo stabilimento, magari stipulando con le banche mutui ventennali, sicuri del rinnovo automatico della concessione. Un meccanismo abolito dall’Europa perchè crea posizioni di privilegio eterne, per cui dal 2015 tutto sarà riassegnato; come, ancora non si sa. Un tipico pasticcio all’italiana.
L’applicazione delle aste tout court, senza prevedere alcun indennizzo per chi ha fatto gli investimenti, rischia infatti di mandare sul lastrico migliaia di imprenditori, come Marcello di Finizio, titolare dello stabilimento triestino “la voce della luna”, giunto al 32° giorno di sciopero della fame. “Sono un piccolo imprenditore – spiega – e quando nel 2001 ho iniziato questa attività l’ho fatto giocandomi tutto quello che avevo e basandomi sulla normativa vigente. Oggi, dopo un incendio e due mareggiate, le banche non sono più disposte a sostenermi senza la garanzia che i locali tra poco più di un anno saranno ancora tra le mie mani e perderò tutto, compresa la casa che ho ipotecato per avere mutui che non potrò più pagare”.
La norma è chiara in Friuli Venezia Giulia, regione a statuto speciale dove il sistema delle gare è già operativo: la sua concessione scade nel 2013 e andrà a gara. Ma bisogna ricordare che per la legge il concessionario è solo un gestore temporaneo della spiaggia conscio che tutto ciò che costruisce in modo permanente rimane proprietà dello stato, il quale se lo prendeva alla fine della concessione con la procedura “dell’incameramento”. Ma se era auspicabile la fine di un regime di privilegi intoccabili (la concessione si può comprare a suon di milioni di euro; è proibito, ma lo fanno tutti), l’assenza di regole potrebbe generare migliaia di situazioni come quella triestina. Senza la certezza che la situazione delle spiagge migliori. I balneari temono infatti uno scenario in cui le future aste saranno aggiudicate semplicemente a chi offre più soldi, ad esempio grandi tour operator o colossi alberghieri, e non a chi meglio ha operato. Sarebbe questo invece il momento giusto per regolamentare il caotico mondo balneare premiando chi opera nel rispetto dell’ambiente, della sicurezza, della giusta percentuale di spiagge libere ed estromettendo chi si è arricchito con abusi edilizi, chi impedisce l’accesso libero al mare o chi evade le tasse. Per fare tutto questo serve una merce rara in Italia: norme chiare, scritte bene e in tempo utile per applicarle correttamente in modo che chi entra nel gioco sappia con quali regole, senza che vengano cambiate durante la partita. Tutto il contrario di quello che è avvenuto fino ad oggi.
Dall’inizio della discussione sulla Bolkestein nel 2004 fino alla sua ratifica nel 2010, nessuno si è nemmeno accorto che questa legge esisteva. Dopo è stato solo un caos di proposte tampone, come quella contenuta nell’ultimo Decreto Sviluppo che istituiva un diritto di superficie a 90 anni, cancellata dopo pochi giorni, con Bruxelles attonita. Oggi il ministro alle politiche comunitarie Anna Maria Bernini conferma che la direzione è quella dell’assegnazione con evidenza pubblica perchè la possibilità di una deroga è molto difficile essendo stata concessa, a suo tempo, solo per settori quali le autostrade o le farmacie, ad esempio, ossia a servizi di pubblica utilità.
Il ministro: “Cercatevi un altro lavoro”
Di contorno una quantità di contraddittorie dichiarazioni di politici e rappresentanti dei balneari, che navigano a vista. Dopo un recente incontro con il ministro, ad esempio, i balneari toscani erano pessimisti: “Ci ha detto che le dispiace, ma che possiamo iniziare a cercarci un altro lavoro dato che le aste si faranno per rientrare dalla procedura di infrazione comunitaria” racconta Stefano Gazzoli del bagno Sara a Marina di Massa. Peccato che pochi giorni prima i sindacati nazionali dopo aver incontrato il ministro avevano dichiarato l’opposto e qualcuno, sui blog dedicati all’argomento, inizia a domandarsi se i propri rappresentanti stiano giocando pulito. A livello nazionale, infatti, propongono la via della deroga come unica soluzione ma poi, a livello locale, si organizzano in tutt’altro modo.
Un esempio viene dal maggiore sindacato di categoria, il SIB, che in Liguria ha costituito il Consorzio Obiettivo Spiagge. Nella stesura dello statuto, si propone di “affiancare i singoli consorziati nella partecipazione alle procedure di evidenza pubblica…”. In pratica, dietro gli slogan, si sono già organizzati per partecipare alle gare, assicurando il supporto a chi, tra i propri associati – si legge ancora – voglia acquisire la concessione di un altro balneare non socio: una sorta di cannibalismo tra colleghi in cui avrà la peggio chi non si sarà schierato, come denuncia il Comitato Balneari Liguria. Che sottolinea un altro aspetto inquietante, quello del conflitto di interessi, ad esempio, del presidente del SIB, Riccardo Borgo, che è anche al vertice del Consorzio ligure e, allo stesso tempo, sindaco del comune di Bergeggi, ossia a capo dell’amministrazione pubblica che rilascierà le concessioni. A chi? Questo sarà un inverno caldo per i balneari italiani, ma non solo per loro, perchè in pochi si sono accorti che la direttiva Bolkestein riguarda anche molte altre concessioni di servizi su suolo pubblico, tra cui ad esempio gli ambulanti e quelli che hanno il banco al mercato, così come anche i gestori dei parcheggi, e così via. Quando qualcuno inizierà ad affrontare il problema con regole chiare e organiche sarà già tardi. Come troppo spesso succede in Italia.
di Emilio Casalini
da il Fatto Quotidiano del 9 ottobre