Il sindaco di Adro glissa sulle lacerazioni all'interno della Lega: "Cavolate che vi inventate voi giornalisti". Ma picchia duro su Napolitano: "Se parlo mi incriminano per vilipendio al capo dello Stato"
Se c’è qualcuno che non vuole credere alle divisioni all’interno della Lega è Oscar Lancini. Il sindaco di Adro, diventato famoso per aver tappezzato con il Sole delle Alpi il polo scolastico cittadino ‘Gianfranco Miglio’, di divisioni fra Umberto Bossi e Roberto Maroni non ne vuole neanche sentir parlare. “Tutte palle di voi giornalisti – attacca – Volete solo dividere il Carroccio nella speranza di far cadere il governo Berlusconi”. Eppure la frattura che sta dilaniando il partito del Senatur è sempre più profonda e bussa direttamente all’uscio di Lancini. Nel congresso provinciale di Brescia, il candidato del cerchio magico (sponsorizzato da Renzo “Trota” Bossi) è stato sconfitto da Fabio Rolfi, esponente della corrente del ministro dell’Interno. Una batosta che si aggiunge alla recente vittoria di un altro maroniano nella vicina val Camonica.
Ma il sindaco di Adro non ci sente e continua a ripetere che nel partito sono tutti uniti nel loro obiettivo numero uno: “L’indipendenza della Padania”. Peccato che anche questo tema stia creando non pochi grattacapi allo stato maggiore della Lega: prima con le parole del capo dello Stato (“L’idea di Padania è fuori dalla storia”), poi con le prese di posizione fuori dal coro di due importanti amministratori locali del Carroccio, il trevigiano Giancarlo Gentilini e il veronese Fabio Tosi.
Al contrario di Giorgio Napolitano, per Lancini la Padania esiste eccome e va difesa senza se e senza ma: “Non avendo l’immunità parlamentare non posso dire quello che penso perché mi incriminerebbero per vilipendio al presidente della Repubblica”. Ma sui casi dei colleghi veneti (Gentilini è andato a un passo dall’espulsione e ora non può più parlare con la stampa e anche Tosi è a rischio) si cuce la bocca e butta acqua sul fuoco. L’ex sindaco-sceriffo di Treviso aveva affermato che “l’Italia è una e che la Padania è un’utopia”, opinione rincarata da Tosi che aveva definito la terra tanto cara alla Lega “una filosofia”. Colpa dei giornalisti anche in questo caso? Forse, ma secondo Lancini, non era quello l’intento dei due dissidenti: “Lo statuto del partito al primo punto recita che la Padania deve essere libera e indipendente”. Insomma, anche questa volta hanno capito tutti male.
Nel frattempo però la base è sempre più in subbuglio e, anche girando per le strade di Adro, la rabbia dei militanti per le ultime scelte della Lega è sempre più palpabile. Dai voti sul caso Milanese e sulla mozione di sfiducia al ministro Saverio Romano, fino alle ultime rivelazioni emerse nelle inchieste su escort e ricatti che coinvolgono direttamente il premier. Bocconi indigesti per i sostenitori del partito. “Non è vero niente, sono palle che raccontate voi. L’elettorato mormora perché non vede ancora gli effetti del federalismo”, sostiene Lancini che imputa tutte le colpe al Mezzogiorno e alla crisi globale: “Io mi accollerei tutto il debito pubblico italiano in cambio della secessione del Nord”. Sarà, ma basta farsi un giro nei bar del suo paese per capire che le cose sono differenti.
“Sono un sindaco di campagna e di Alfonso Papa e Romano non so niente. Mi occupo di altre cose”. Come la strenua difesa del Sole delle Alpi con cui aveva ricoperto le scuole del suo paese. “Ho perso una battaglia, ma guerra è ancora tutta da combattere. Ho in serbo una sorpresina”, annuncia garantendo che presto si tornerà a parlare dello stemma padano e di Adro.