Da destra a sinistra, tutti i partiti tunisini, che si sfideranno per le elezioni del 23 ottobre, chiedono all'Italia un atteggiamento diverso verso i migranti che arrivano sui barconi. Per scongiurare episodi come la rivolta di Lampedusa, ma soprattutto per fermare le morti nel Canale di Sicilia
Qualche giorno fa Hamadi Jebali, segretario generale di Ennada (il partito islamista dato per favorito alle elezioni del 23 ottobre), ha incontrato in forma riservata l’ambasciatore italiano a Tunisi Pietro Benassi per un confronto sulla crisi di Lampedusa. Nel colloquio è emerso che Ennada, come partito che aspira a governare, vuole ridurre la disoccupazione, prima causa dell’emigrazione selvaggia dal paese nordafricano.
Al tempo stesso però Jebali ha chiesto all’ambasciatore di riferire al governo italiano il suo biasimo per la politica di Roma sull’immigrazione clandestina. Secondo il politico, la recente crisi dell’isola siciliana e le numerose morti in mare possono essere superate solo riaprendo significativamente il rubinetto degli ingressi legali.
Bochra Belhami Hamida, avvocata ed esponente di punta nelle liste di Ettakatol (Internazionale socialista), sottolinea come sia “inaccettabile che paesi come Francia e Italia chiudano la porta in questo modo. Proprio loro che hanno approfittato dei magrebini nel periodo coloniale e che hanno appoggiato le recenti dittature. Se il nostro governo ha accettato questa ingiustizia ha sbagliato”.
Infatti a Tunisi nessuno ha reagito alla recente crisi rimproverando alla propria polizia di non aver saputo o voluto impedire le partenze dalle spiagge.
Video di Paolo Hutter e Cosimo Caridi