Beppe Grillo cita oggi sul suo blog, un mio post di qualche giorno fa nel quale raccontavo il successo del partito del Pirati tedeschi alle recenti elezioni a Berlino.

Nel post Beppe sottolinea – come già avevano fatto molti nei commenti al mio post – come il programma dei pirati tedeschi sia per molti versi simile a quello delMovimento 5 Stelle. Ci prende in pieno, infatti è così.

Aggiunge, Grillo, che quando mi auguro un “partito dei pirati” anche in Italia, non cito volutamente una realtà già presente nel nostro paese, proprio il 5 Stelle. Anche qua, bisogna riconoscerlo, ci prende in pieno.

Voglio spiegare però, che la mia non è stata una svista né una dimenticanza: per oltre un anno ho curato sul Fatto una rubrica in cui riprendevamo i post di BeppeGrillo.it quindi so perfettamente quanto gli obiettivi del 5S siano simili a quelli dei Pirati.

Non ho citato il movimento, allora, per un motivo molto semplice: pensavo che si sarebbero offesi. Anzi, conoscendo la virulenza della discussioni online, pensavo che mi avrebbero letteralmente fatto la pelle. E per un motivo molto semplice. I Pirati, come dice il loro stesso nome, sono un “Partito”. Il movimento 5 Stelle, invece, i partiti li ha sempre combattuti. Com’è scritto nella pagina di iscrizione,  il movimento è  “una libera associazione di cittadini. Non è un partito politico nè si intende che lo diventi in futuro”.

I Pirati, sul loro sito, spiegano come sono organizzati. (Non so il tedesco quindi mi affido alla traduzione di un’amica). Per iscriversi bisogna avere “almeno 16 anni e versare 36 euro all’anno” grazia al versamento “ogni Pirata riceve una tessera” che garantisce “uguale diritto di voto”. Si può “essere membri anche di un altro partito se questo non ha posizioni contrarie agli scopi del partito Pirata”. In un’assemblea annuale “a cui tutti i Pirati vengono invitati per iscritto” si decidono le linee guida “e in questa occasione i Pirati eleggono tutti gli organi dirigenti” tra questi “un comitato esecutivo federale composto da un presidente, un vice-presidente, un direttore politico, un tesoriere federale, un segretario generale e due altri membri senza portafoglio”.

A questo vertice eletto sono demandate le decisioni per quanto riguarda le nomine, i candidati, le spese, ecc. Il tutto, a differenza di quanto succede nei partiti tradizionali, garantendo la massima trasparenza e partecipazione anche dei non iscritti.

Nel “non statuto” del Movimento 5 Stelle invece si legge: “Il nome del MoVimento 5 Stelle viene abbinato a un contrassegno registrato a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d’uso dello stesso”.

Nell’articolo 4, sempre del non statuto, si legge: “Il MoVimento 5 Stelle non è un partito politico né si intende che lo diventi in futuro”.

All’articolo 7, si parla di Procedure di designazione dei candidati alle elezioni. Cito testualmente: “In occasione ed in preparazione di consultazioni elettorali su base nazionale, regionale o comunale, il MoVimento 5 Stelle costituirà il centro di raccolta delle candidature ed il veicolo di selezione e scelta dei soggetti che saranno, di volta in volta e per iscritto, autorizzati all’uso del nome e del marchio ‘MoVimento 5 Stelle’ nell’ambito della propria partecipazione a ciascuna consultazione elettorale”.
Insomma, volta per volta i cittadini decidono che regole utilizzare. Nelle amministrative e regionali finora sono stati i gruppo locali a decidere quali regole e quali candidati darsi.

Poi, dopo aver sottolineano che i candidati devono essere incensurati e non devono avere precedenti penali in corso, lo statuto aggiunge che “L’identità dei candidati a ciascuna carica elettiva sarà resa pubblica attraverso il sito internet appositamente allestito nell’ambito del blog; altrettanto pubbliche, trasparenti e non mediate saranno le discussioni inerenti tali candidature”. Queste regole, la chiosa, potranno essere modificate “in ragione dell’esperienza maturata per tempo”.

Alla luce di quanto scritto, ribadisco: credo che ci fossero tutte le ragioni per pensare che i 5 Stelle non si sentissero in niente simili ad un partito. Da qua la decisione di non citarli nel post.

Visto che ritengo questa discussione molto interessante, aggiunto una postilla.

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Come già detto, finora  i 5 Stelle hanno dimostrato bene sui territori di sapersi dare autonomamente regole per sottoporre ad un consenso ampio programmi e candidati.

Ma quale sarà “il veicolo di selezione e scelta dei soggetti che potranno utilizzare il marchio” nelle elezioni nazionali? Tramite assemblee orizzontali con decine di migliaia di iscritti? E sarà possibile farlo senza un meccanismo di delega?  “Facciamo tutto su Internet” risponde qualcuno. Ma siamo sicuri che elezioni aperte a tutti sul web risultino per forza democratiche? Tutto ciò ancora non si sa, ma a detta anche di molti militanti, non sono questioni di lana caprina, anche perchè molti osservatori pensano che si andrà alle elezioni politiche la prossima primavera.

Di certo il movimento e Grillo hanno lanciato per primi, e si battono da anni, su temi che ora i vari “indignati” in giro nel mondo hanno fatto loro.

Ma personalmente ritengo che le regole sono sostanza. Il “marchio” e il simbolo dei Pirati sono contendibili da tutti attraverso una pubblica assemblea di iscritti. Quello del 5 Stelle è registrato “a nome di Beppe Grillo, unico titolare dei diritti d’uso dello stesso”.

Io preferisco, per ora, il primo sistema. Ma qua entriamo nel campo delle opinioni. E saranno le stesse decisioni dei 5S che, al momento delle elezioni, potrebbero smentirmi.

Scusate la lunghezza.

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