Politica

Decreto sviluppo, la rivolta dei ministri<br>Romani e Prestigiacomo: “No ai tagli”

Il ministro dello Sviluppo economico critica la scelta di destinare il surplus di risorse derivanti dall’asta per le frequenze a settori diversi dalle telecomunicazioni. La titolare dell'Ambiente denuncia la cancellazione di fatto del suo dicastero. Scettico anche Frattini: "Non vedo la possibilità di un decreto per la crescita a costo zero"

Prima il voto di fiducia, poi la resa dei conti. Se l’asse fra il ministro dell’economia Giulio Tremonti e il leader della Lega Umberto Bossi continua a essere saldo su entrambi i fronti, è plateale il dissenso che esprimono alcuni ministri.

Per primo il ministro dello Sviluppo economico, Paolo Romani, fortemente critico rispetto alla scelta di destinare il surplus di risorse derivanti dall’asta per le frequenze a settori diversi dalle telecomunicazioni (leggi). Una dura nota del suo ministero, dopo i contrasti che hanno contribuito a far slittare a domani l’approvazione del ddl stabilità in Cdm, mette nero su bianco tutto il suo disappunto: “Come ampiamente condiviso dai gruppi parlamentari di maggioranza, è necessario garantire, anche sul fronte delle Tlc, la continuità degli investimenti e della crescita. Diversamente, si arrecherebbe un danno grave al settore e all’Italia”. Romani chiede che le maggiori risorse dell’asta per la telefonia 4g vadano reinvestite nella banda larga. Sottrarre risorse alla banda larga e al settore tlc rappresenta – ha spiegato il ministro – “un grave danno” anche perché il reinvestimento delle risorse era il presupposto normativo della gara: “I contenuti della nuova legge di stabilità riportati oggi dalla stampa appaiono in evidente contrasto con quanto previsto circa la destinazione delle risorse della gara per le frequenze 4G, gestita nella sua totalità dal ministero dello Sviluppo”, si legge ancora nella nota.

Sul piede di guerra anche il ministro dell’Ambiente Stefania Prestigiacomo. Il suo ministero sarebbe penalizzato dalla legge di stabilità addirittura con un taglio del 90% al bilancio e lei avverte: “Ovviamente non potrò votare né in Consiglio dei ministri né in Parlamento una legge di stabilità che di fatto cancella il ministero dell’Ambiente”. Il provvedimento prevedrebbe infatti interventi al suo Dicastero che portano, in quattro anni, a tagli per il 90%: dal 1,3 miliardi di euro del 2008, previsti per interventi ambientali, a 120 milioni di euro nel 2012. Considerando che le spese fisse, insopprimibili, per il ministero sono pari a 320 milioni, il bilancio, che per il 2008 era di un miliardo e 620 milioni, passerebbe a 440 milioni di euro nel 2012. Il rischio è quello di eliminare sostanzialmente il piano bonifiche per i 57 siti inquinati di interesse nazionale, azzerare la gestione dei 60 parchi nazionali e riserve marine, eliminare gli interventi per il dissesto idrogeologico, i fondi per la mobilità sostenibile e quelli della lotta alla Co2.

Altrettanto netta la posizione del ministro degli Esteri Franco Frattini sulla necessità di reperire risorse da impiegare nel decreto sviluppo. “Non vedo la possibilità di un decreto sviluppo a costo zero”. Il provvedimento “dovrà trovare una copertura perché serve a rilanciare l’economia”, scandisce con estrema chiarezza. Rispondendo alle domande dei giornalisti sull’ipotesi di una mini-patrimoniale, invece, Frattini afferma: “Non ne abbiamo parlato, ma ci sono diverse opzioni sul tappeto” e “il decreto sviluppo deve essere un provvedimento serio e di rilancio del Pil”. Riguardo alla diversità di opinione con Tremonti, Frattini sottolinea che “è il Consiglio dei ministri a decidere, sotto la guida del presidente del Consiglio”. “Non credo si arriverà” a mettere in minoranza il ministro dell’Economia, aggiunge Frattini, “anche perché credo che in tutti questi anni in Consiglio dei ministri non abbiamo mai votato, troveremo un accordo per fare un provvedimento serio”.