L'Olympic Park Legacy Company (Oplc) non ha ritenuto opportuno aspettare la pronuncia dell’Alta Corte sulla validità del bando per la vendita dello stadio al West Ham. E ha stabilito che l'impianto rimarrà bene pubblico. Con conseguenze deleterie per le già disastrate casse della città
Perché si è arrivati a questo? Al momento della candidatura per ospitare le Olimpiadi del 2012, il progetto londinese si basa sul presupposto di sustainable Games, giochi economicamente e socialmente sostenibili per la comunità. L’allora Ministro dello Sport del governo laburista di Blair, la potentissima Tessa Jowell al tempo ancora sposata con l’avvocato David Mills (quello condannato e poi prescritto per essere stato corrotto da Berlusconi), non trova nessuno interessato all’acquisizione dell’impianto e decide quindi per una sua riconversione a stadio di atletica da 25mila posti. Siccome i costi stimati per la sua costruzione sono ancora bassi, l’idea sembra praticabile. Con l’elezione a sindaco di Londra di Boris Johnson e con l’avvento a Downing Sreet David Cameron, e soprattutto con il vertiginoso aumento dei costi di costruzione rispetto alle previsioni iniziali, il futuro dello sfarzoso e non eccellente impianto costruito dall’architetto americano Popolous torna in dubbio.
Nel 2010 l’Oplc propone allora alle squadre di calcio limitrofe al quartiere di Stratford di acquistare lo stadio a prezzo favorevole: al bando partecipano Tottenham e West Ham. A febbraio del 2011, l’Oplc decide che l’offerta migliore è quella del West Ham perché, a differenza del Tottenham che avrebbe raso al suolo lo stadio per ricostruirlo ex novo eliminando la pista di atletica, ha promesso di utilizzare l’impianto coprendo la pista durante l’inverno e lasciandola a disposizione per le gare di atletica durante l’estate. Londra è infatti in corsa per organizzare i Mondiali di Atletica del 2017, e lo Stadio Olimpico, la cui pista in materiale sintetico è realizzata dalla ditta piemontese Mondo, è il suo fiore all’occhiello.
La riconversione di uno Stadio Olimpico da 80mila posti in un impianto calcistico da 60mila, con in aggiunta la costruzione delle strutture necessarie per ottemperare al regolamento della Premier League, è però stimata in 110 milioni di euro. Di questi soldi, metà si offre di metterli il Comitato Olimpico, l’altra metà il West Ham, grazie ad un prestito del council di Newham. Il Tottenham e il Leyton Orient (altra squadra del quartiere) però non ci stanno e ad aprile 2011 chiedono all’Alta Corte il permesso di fare ricorso: gli aiuti statali che il West Ham avrebbe dovuto ricevere dal council di Newham sono contrari alla legislazione europea. Il giudice stabilisce di non concedere il permesso per il ricorso. Nel frattempo però parte un’ulteriore denuncia su possibili brogli e favoritismi nel bando. A luglio un membro dell’Oplc è costretto a dimettersi, si scopre che sta lavorando come consulente per il West Ham. L’Oplc comincia allora un’investigazione indipendente e ad agosto rigetta le accuse dando ragione al West Ham: il bando è stato pulito. Ma non è finita, subito dopo un giudice dell’Alta Corte decide di impugnare la sentenza e di riesaminare il caso: sia dal punto di vista degli aiuti statali sia da quello di possibili brogli.
La temuta sentenza è attesa per martedì prossimo, il 18 ottobre. Ma con una settimana di anticipo l’Oplc decide improvvisamente di annullare il bando pro West Ham. Ora è costretto a rientrare in possesso dell’impianto una volta che i giochi sono conclusi, ma né l’atletica né i concerti estivi sono però in grado di far rientrare la città dei soldi spesi per la costruzione dello stadio. L’unica possibilità a questo punto è, anziché venderlo, di affittarlo a una squadra di calcio che lo utilizzi d’inverno per disputare le sue partite casalinghe. A gennaio avrà luogo il nuovo bando per l’eventuale affitto. E qui sorge il problema. Nel caso una squadra (probabilmente sempre il West Ham) decidesse di usufruire della possibilità di affittare l’impianto, a questo punto i 110 milioni di euro necessari alla riconversione saranno interamente a carico della comunità. Se, ancor peggio, nessuno dovesse mostrarsi interessato ad affiatarlo, perché non è più un business appetibile, lo Stadio Olimpico che avrebbe dovuto essere simbolo dei sustainable Games rimarrebbe una triste, solitaria e vuota cattedrale nel deserto.
di Luca Pisapia