SpiderTruman, ossia il precario della casta di Montecitorio, muore. Alle 14.30 di sabato 15 ottobre.
Accade proprio nel giorno, nell’ora, nella città, Roma, che accoglie la protesta di #15O. Nel morire, il progetto dimostra di essere finto. Non c’era nessun precario, nessun segreto. C’è stato solo lo sfruttamento di centinaia di migliaia di persone, dei loro sentimenti, della loro rabbia, finalizzata a portare gente a una manifestazione. I post della fanpage di questi giorni erano chiari e quasi monotematici: tutti a manifestare.
Gli addetti ai lavori del web avevano invitato alla prudenza sin dalle prime battute. I segreti della Casta di Montecitorio non erano poi così tanto segreti: nessuna informazione pubblicata era inedita. L’anonimato, inoltre, era inspiegabile, specie perché la storia personale di Spider Truman era stata ricostruita con grandissima precisione; dunque il precario, se vero, sarebbe stato già scoperto dai parlamentari, dagli addetti ai lavori e dai giornalisti che bazzicavano i retroscena della politica italiana.
I banner pubblicitari sul blog di “denuncia” erano comparsi con una velocità e perizia tale da rendere inverosimile la teoria che il precario fosse poco esperto con i blog e con il web-marketing. Persino la frase sulla caccia all’uomo del lunedì successivo alla pubblicazione della pagina Facebook, a Camere chiuse (il precario anti-Casta dovrebbe sapere bene che il lunedì non si lavora a Montecitorio), aveva insospettito gli osservatori più maliziosi.
Eppure, i media tradizionali ci sono cascati. E con gusto, aggiungerei. Prime pagine su tutte le principali testate nazionali, servizi su tutti i telegiornali, ricostruzioni imprecise, inverosimili, spesso persino offensive: considerare il finto precario come “il Julian Assange di Montecitorio” è, a livello giornalistico, uno scandalo di scorrettezza e di superficialità.
Eppure mobilitazioni analoghe (il Popolo Viola, su tutti) avevano già dato prova delle loro capacità in questi anni, usando le stesse tecniche e persino le stesse parole d’ordine. Come mai, nonostante tutto, nonostante l’esperienza, i libri, le ricerche, i successi e gli insuccessi di questa mobilitazione, nessuno dei megafoni ufficiali che si è esposto ha fatto trasparire il benché minimo dubbio sulle ricostruzioni offerte agli ignari lettori/spettatori?
La storia di SpiderTruman, oltre ad essere una splendida campagna di marketing, dimostra che i gradi di separazione tra il mondo dell’informazione ufficiale e quello del giornalismo online sono ancora tanti, troppi, sicuramente molti di più di ciò che vediamo altrove.
La lezione è severa, ma non si sa bene se verrà colta o se, addirittura, il gioco fosse chiaro sin dall’inizio a chi ha spacciato il gruppo di lavoro di professionisti che ha animato per un’estemporanea rivolta sociale in fieri. Il meccanismo di doppio feedback online-offline-online (nascita sul web -> esposizione sui mezzi tradizionali -> feedback potenziato sul web, il meccanismo che oggi regola il successo di un’idea) dimostra che la gran parte dei fenomeni popolari dei nostri tempi nasce sulla Rete, ma che senza un’adeguata copertura dei mezzi tradizionali si fa più fatica a emergere. Allo stesso modo e al contrario, anche in assenza di un vero successo sulla Rete, una storia può diventare ‘mainstream’ se giornali, radio e televisioni decidono, congiuntamente, di parlarne.
Dunque i giornalisti e gli editori hanno ancora una responsabilità sociale enorme, bilanciata oggi dalla capacità di controllo e regolazione del web. Per fortuna l’opinione pubblica della Rete è matura; quella ‘tradizionale’, a costo di attirarmi qualche critica per questa mia affermazione, meno. SpiderTruman lo dimostra.