Bersani definisce il movimento degli indignati confuso. Parla lui che per decidere se appoggiare lo sciopero ha chiamato la sibilla, oppure ha parlato a mezzo mondo di un porta a porta che non è mai arrivato. E come alternativa propone una piattaforma. Interessante. L’uso del termine piattaforma dà proprio la misura del linguaggio politico e dello stile politico da segreteria postsovietica di Bersani &C. Ma soprattutto di quanto questo stile sia lontano dalla politica della gente che Bersani in fondo etichetta come antipolitica, solo perché non ha imparato come lui ad obbedire ai diktat di segreteria.
Già perché per lui la politica, quella vera, è il partitismo amorale di Penati, le concettosità riverite del sempre bravo Cuperlo, i rinnovismi eternamente auspicati come tortelli mai cotti di Civati, la presentabilità recuperata da imprenditore amico di Colannino, oppure il ribelllismo-opportunismo della Serracchiani. Tutte soluzioni e posizioni di amplissimo respiro ideologico, ci mancherebbe. Senza alcun dubbio, intellettualmente corrette e cool. Perché ad appartenere a quel mondo ci sente carini e fighetti, come se stessimo seduti sulla poltroncina dell’intervistato delle Invasioni barbariche..
Peccato che la gente però, che il “popolo profondo”, come ha detto efficacemente una volta D’Alema, in un raro momento di lucidità e consapevolezza, quelle cose lì stenta a capirle. Come ha già intuito il buon Massimo, ma per antica sapienza tattica lo nasconde a sé stesso, la gente si stanca, e se si stanca eccede, perché la gente, il popolo, quello profondo, non si veste, non cammina, non mangia, non lavora, dopo aver elaborato una piattaforma, secondo la logica parademocratica e prundentista degli ex Ds in condominio con i democristiani. No, la gente piuttosto si stanca, si incazza e scende in piazza. E come diceva un vecchio compagno del Pci, negli anni settanta, la gente è una categoria prepolitica, nel senso che dà lì può nascere una nuova politica. E per questo andrebbe rispettata.