La deposizione di Antonio Pizzi davanti al Consiglio superiore della magistratura conferma le accuse dell'ex pm. Al centro: la squadretta delle fiamme gialle e la relazione sul magistrato che si occupava delle escort
Contro il procuratore di Bari, Antonio Laudati, non ci sono soltanto le accuse dell’ex pm, Giuseppe Scelsi. Anche il Procuratore generale di Bari, Antonio Pizzi, ha duramente criticato l’operato del capo dei pubblici ministeri. Lo ha fatto il 2 maggio scorso durante la deposizione alla Prima commissione del Csm, competente per i trasferimenti dovuti a incompatibilità ambientale. Il Fatto quotidiano è in grado di rivelare i passaggi più significativi di quell’audizione che punta il dito contro le indagini parallele di un gruppo, una cosiddetta aliquota della Guardia di finanza, alle dipendenze di Laudati.
È proprio Pizzi a inviare al Csm una relazione dei finanzieri, disposta da Laudati e redatta nel gennaio 2011. È un documento che riporta, di fatto, un’indagine su Scelsi, titolare dell’inchiesta su Tarantini e le escort fornite a Silvio Berlusconi. Laudati quella relazione la invia a Pizzi. Forse, nella speranza che il procuratore generale prenda provvedimenti contro Scelsi. Invece, Pizzi la spedisce al Csm nel marzo scorso. Due mesi dopo il procuratore generale viene convocato a palazzo dei Marescialli.
Dice Pizzi al Csm: “La cosa che mi ha incuriosito, sono due per la verità. Questa forza di polizia (cioè l’aliquota della Gdf, ndr). Altra cosa che mi ha un po’ incuriosito perché mi è sembrato insolito, è il contenuto di questo documento. Altro non mi sembra che un’indagine condotta su indagini, condotte da colleghi. Indagini in corso”. Dunque anche per Pizzi, così come per l’attuale sostituto procuratore generale, Scelsi, una squadretta della Gdf, alle dirette dipendenze del procuratore Laudati, ha indagato in gran segreto su pubblici ministeri. Anzi, quasi esclusivamente – come vedremo – su Scelsi.
Pizzi lo dice chiaro e tondo: “Sono indagini dirette a verificare il comportamento dei magistrati”. Il procuratore generale, inoltre, ricorda una delibera del Csm secondo la quale solo il procuratore in persona può verificare il comportamento dei sostituti, mai la polizia giudiziaria. Ma il gruppo speciale di Laudati lo fa, dopo che – secondo quanto risulta al Fatto – gli vengono assegnati compiti di controllo e di archiviazione dei dati, tali da fornirgli un potere enorme. È la stessa Guardia di finanza, nella relazione di gennaio, che indica il lavoro che gli era stato affidato: “Alla struttura veniva demandata l’azione di supervisione e di controllo rispetto alle attività che si sarebbero dovute eseguire”. Inoltre, la struttura “riferiva il contributo fornito per la conservazione e la gestione dei relativi verbali e delle informazioni in essi contenute. Veniva altresì demandata alla struttura stessa la responsabilità della gestione della banca dati venutasi a creare grazie all’attività di analisi della struttura investigativa”.
Nella relazione ci sono interi passaggi sull’allora pm Scelsi, che hanno il sapore di un dossier. L’aliquota della Gdf, a pagina 9, indica l’esistenza “di fattori che hanno portato le indagini a divergere, rispetto al normale e corretto svolgimento”. Ed ecco quelli che i finanzieri elencano come “principali elementi di criticità: a partire da maggio 2009 su disposizione e per volere del dott. Scelsi, veniva dato particolare impulso alle indagini. Tanto che improvvisamente venivano imposte accelerazioni e assunte scelte quasi mai caratterizzate da logica investigativa”. Poi, viene illustrata la tesi del complotto ai danni di Berlusconi. Una tesi riportata dal settimanale Panorama, del presidente del Consiglio, già nel gennaio 2010, con tanto di copertina. In quell’articolo si parlava proprio di un’indagine sull’indagine.
Nella relazione del gruppo delle Fiamme gialle si illustrano, come nell’articolo di Panorama, i rapporti tra il pm Scelsi e l’ex magistrato, Alberto Maritati, parlamentare del Pd; l’amicizia di Maritati con Maria Pia Vigilante, avvocato di Patrizia D’Addario. In sostanza si paventa, tra l’altro, un passaggio di notizie a Massimo D’Alema proprio sull’inchiesta Tarantini-escort.
Poi i finanzieri riportano alcune intercettazioni indirette di Michele Scelsi, fratello del magistrato, responsabile in Puglia del Crat, il coordinamento regionale delle attività trasfusionali. Furono effettuate durante l’indagine su Alberto Tedesco, senatore ex Pd ed ex assessore regionale alla Sanità. La Gdf definisce quelle conversazioni “neutri rapporti lavorativi”. Ma se sono telefonate innocue, perché riportarle in una relazione che sembra il frutto di un’indagine sull’indagine di Scelsi?
Nella relazione della Finanza c’è anche un punto su un altro magistrato: il pm Desirè Di Geronimo che si è occupata di un filone dell’inchiesta su appalti e sanità. Vengono indicate intercettazioni, anche queste indirette, tra la Di Geronimo e la dottoressa D’Aprile, amica intima di Lea Cosentino, l’ex direttrice della Asl di Bari, tra i principali indagati dal magistrato.
Anche in questo caso, però, i finanzieri parlano di registrazioni irrilevanti. Eppure, le riportano. Ecco, il punto debole della difesa di Laudati è proprio il rapporto della Guardia di finanza. Non a caso nell’audizione del 22 settembre al Csm, il procuratore, di fronte ad alcune domande incalzanti su quel documento, ha provato a scaricare sulle Fiamme gialle le indagini sulle “criticità”. Ha detto che forse i finanzieri sono andati un po’ oltre.
da Il Fatto Quotidiano del 15 ottobre 2011