In un Parlamento surreale, umiliato, commissariato, svuotato, che vota l’ennesima risicatissima fiducia al peggior governo della storia dell’Italia unita, giungono le intercettazioni su Saverio Romano, ministro “nominato con riserva”. Sono sempre più gravi gli elementi ricostruttivi dei suoi presunti legami con le più potenti cosche mafiose. Così gravi da far mettere nero su bianco al giudice Morosini che dalle indagini e “dalle intercettazioni, che coinvolgono politici come Vizzini, Romano, ma anche Salvatore Cuffaro e Salvatore Cintola, si prospetta l’esistenza di un sistema affaristico-politico-mafioso avente al centro le attività del Gruppo Gas”.
Nonostante la disinformazione praticata dai grandi media, che hanno nascosto le ragioni della “protezione” esercitata sul governo Berlusconi perché restasse in piedi (l’imminente crisi internazionale e militare libica e l’obiettivo di far adottare misure economiche draconiane, inique e insopportabili per arginare la crisi; insomma occorreva che qualcuno facesse del lavoro sporco), mi chiedo perché mai Romano dovrebbe rappresentare un ulteriore necessario e grave prezzo che questo Paese, il suo popolo e la democrazia devono pagare.
Mi chiedo perché non si esercitino tutti i poteri previsti dalla carta costituzionale per allontanare un ministro francamente impresentabile. Non si tratta di un uomo travolto da scandali sessuali, con escort o minorenni, come potrebbe ormai pensarsi nella pruriginosa Italietta berlusconiana, ma di un “morigerato”, sedicente cattolico che avrebbe intrattenuto rapporti con la mafia siciliana.
Romano è stato nominato ministro con riserva, secondo un’inesistente formula o prassi costituzionale. Da cittadino e giurista, ho espresso e continuo a nutrire forti “riserve” sulla cd “nomina con riserva” e desidererei tanto che il Presidente della Repubblica e lo stuolo dei suoi, profumatamente remunerati, consiglieri giuridici dicano e facciano qualcosa.