L’unica cosa che accomuna gli indignados ai black bloc che ieri hanno devastato il centro di Roma credo sia la rabbia. La rabbia per il senso di impotenza che un sistema ingiusto, il quale priva addirittura di speranza intere generazioni, inevitabilmente provoca.
Senza un lavoro sicuro, senza uno stato sociale funzionante (casa, servizi, ecc.), senza una democrazia che consenta di scegliere realmente i propri rappresentanti (imposti dall’alto con l’attuale sistema elettorale), senza una giustizia “a portata di cittadino” (costosa, cavillosa, implicitamente idonea a favorire i più potenti), senza una redistribuzione dei redditi, la rabbia ed il malcontento sono prima o poi destinati a emergere.
Questo è quello che è successo ieri, ma con fenomeni e comportamenti che devono e non possono che essere considerati in modo assolutamente distinto. Le differenze sono infatti abissali.
I black bloc hanno un comportamento violento, aggressivo, distruttivo, che poco giova alla causa della protesta e, anzi, ha l’effetto finale di rafforzare il sistema che gli indignati contestano pacificamente, in quanto è il sistema che alla fine è chiamato a proteggerci dagli eccessi, e ne abbiamo quindi bisogno. In termini giuridici sono autori di reati e di danni civili.
Gli indignati, invece, pacificamente ma con fermezza, protestano contro un sistema di ingiustizia (sociale, giuridica, legislativa, economica) che viene percepito – a torto o a ragione – come non più accettabile e sostenibile. Propongono, in sostanza, un cambiamento non violento ma determinato. Se la rabbia è la stessa, la sua manifestazione è ben diversa: diventa indignazione e non violenza. In termini giuridici sono delle persone fisiche che legittimamente manifestano durante un evento autorizzato.
Prova ne sia che sono stati proprio gli indignados a cercare di fermare l’azione devastatrice dei black bloc, consegnandone addirittura tre alle forze dell’ordine.
E allora si deve fare a mio avviso una grande attenzione a tenere ben distinti i due fenomeni, al fine di evitare una confusione che potrebbe indebolire l’immagine e la forza di una protesta che – condivisa o no – appare comunque di portata epocale.