C’era una volta la fiducia, ed era una bella parola: “Sentimento di sicurezza che deriva dal confidare in qualcuno”, secondo il dizionario della lingua italiana. Era preziosa, la fiducia, ed era necessaria: al bambino per crescere, alla donna per amare un uomo, alle amicizie per durare.

La fiducia non si chiedeva, si conquistava. Eri scrittore? Ti impegnavi a pubblicare soltanto buoni libri e conquistavi la fiducia del lettore. Gestivi una trattoria? Cucinavi pulito, compravi ingredienti di prima scelta, contenevi i prezzi, curavi il servizio e fidelizzavi la clientela: ho fiducia nella sora Cesira, il cacioepepe come lo fa lei non lo fa nessuno.

Funzionava così. Prima. Quando le parole corrispondevano alle cose. Adesso la “fiducia” la si chiede, per contare chi ti è pro e chi ti è contro. La si ottiene comprando il voto degli opportunisti. La si usa per scaricare l’opposizione e trasformare la democrazia in dittatura dei più ricchi.

Berlusconi l’ha chiesta 53 volte, la fiducia, nella lingua sporca della casta al potere. Quella della lingua italiana, noi, a lui, non l’abbiamo mai concessa. Non ci siamo mai fidati.

Il Fatto Quotidiano, 16 ottobre 2011

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