Tutti questi anni trascorsi senza sapere nulla dell’on. Michele Pisacane da Agerola (vicino Amalfi), 52 anni, ex Dc, poi mastelliano, poi casiniano, poi vicino al Pd, poi nel Misto, poi fondatore del Pid (Popolari Italia Domani) col ministro Romano e infine berlusconiano. Ma soprattutto, dice lui di sè a Fabrizio Roncone del Corriere,“laureato in psichiatria: faccio il psichiatra sociale”. Ecco, se il 14 dicembre l’eroe della fiducia fu Mimmo Scilipoti, agopuntore da Barcellona Pozzo di Gotto, stavolta la Palma Marron se l’aggiudica lui, “il psichiatra sociale”. E c’è un che di evocativo, nel fatto che sia proprio il psichiatra last minute (assente alla prima “chiama”, è andato a votare in extremis alla seconda, quando il borsino dei deputati all’asta fa registrare quotazioni da capogiro) a garantire la sopravvivenza di una maggioranza-manicomio e di un governo-comunità di recupero.

Il suo spirito-guida è Saverio Romano, il ministro imputato per mafia e indagato per corruzione mafiosa che si fa dettare via fax gli emendamenti dal prestanome di don Vito Ciancimino. E infatti Romano era fra i pochi a non dubitare di lui: “Michele sa cosa fare”, aveva detto rassicurante. E aveva ragione: il nostro eroe dal nome risorgimentale a sua insaputa, rimasto inizialmente a casa perchè l’antennista gli stava montando Sky, s’è precipitato in aula giusto in tempo per la fiducia. Al suo ingresso, B. l’ha salutato come un vecchio amico senza sapere nemmeno chi fosse: “Pensava che fossi siciliano, Cicchitto non gli aveva mai parlato di me”. Ma ora lo sa: “Mo’ Berlusco’ me sape”, commenta compiaciuto alla fine. Ora ha un futuro assicurato, sia pur fugace come l’ultimo scampolo di lagislatura. Se i sottosegretari Misiti e Polidori sono stati promossi sul campo viceministri e il senatore scajoliano Viceconte sottosegretario all’Interno (ma solo perchè un Viceconte viceministro suona male), per il psichiatra sociale si troverà uno strapuntino degno del suo eloquio. Di Mussolini, Leo Longanesi diceva: “Di lui non mi spaventano le idee, ma le ghette”. Analogamente, di questa classe digerente di fine regime si può dire a buon diritto che non spaventano le idee (per manifesta assenza delle stesse), ma la cultura.

Prendete l’on. Vincenzo Fontana del Pdl: l’altra sera le Iene gli domandano se è favorevole a vendere il patrimonio artistico per rastrellare un po’ di euro. Lui, tetragono, dice che non se ne parla nemmeno. Poi però gli leggono una falsa dichiarazione del premier, che naturalmente sembra vera, a favore della cessione della Fontana di Trevi. Lui allora chiede di cambiare la sua dichiarazione, da contraria a favorevole, perchè per fare cassa questo e altro: se lo dice il Capo, il Fontana vende pure la Fontana. Poi c’è il grande Antonio Razzi, già dioscuro di Scilipoti, l’altro ex dipietrista folgorato un anno fa sulla via di Arcore perchè aveva il mutuo da pagare: in un’intervista alla radio riesce a dire “non avrei andato” e “devolgo i soldi a costruire una chiesa distrutta”.

E mentre uno devolge, uno sape e uno ha andato, le truppe del Nuovo che Avanza preparano la grande fuga. Il psicoterapeuta Luciano Sardelli era dato per certo nel fronte della fiducia: era il capofila dei Responsabili e dieci mesi fa esaltava le magnifiche sorti e progressive del governo B. Invece, nel breve volgere di qualche nanosecondo,è passato all’opposizione e ora, intervistato da Antonello Caporale su Repubblica, si sente “liberato, lieve felice”. Non ne poteva più di “essere fermato da gente che mi diceva ‘vergognati’, ‘venduto’, ‘pensa all’Italia’”. Così ha votato contro, “trascinato dal senso dello Stato”. Ma non prima di aver dato a B. un consiglio da amico: “Presidente, se lasci il governo trovi la pace”. L’altro, che se lascia il governo trova la galera, gli “ha risposto piccato”. Cioè l’ha mandato a fare in culo. Ecco, basta l’idea di una Terza Repubblica senza Berlusconi ma con i Sardelli, e già un po’ rimpiangiamo la Seconda.

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