Le origini dell'impero di Belusconi e i suoi rapporti con Mangano: tutto contenuto nel libro "L'odore dei soldi" che l'attuale vice direttore del Fatto andò a presentare il 14 marzo 2001 nella trasmissione satirica di Raidue
Mediaset non fu diffamata nel 2001 da Marco Travaglio e Daniele Luttazzi: è stata la Corte di Appello di Roma a confermare la sentenza di primo grado in merito al “caso Satyricon”, respingendo le richieste della società presieduta da Fedele Confalonieri di condannare il giornalista e il comico a risarcire i danni da diffamazione. La Corte ha di conseguenza condannato l’azienda della famiglia Berlusconi al rimborso delle spese processuali, non solo nei confronti di Travaglio e Luttazzi, ma anche della Rai e della Ballandi Entertainment.
Il caso si riferisce alla puntata di Satyricon del 14 marzo 2001: durante la trasmissione, in onda su Raidue (diretta da Carlo Freccero, anche lui denunciato), Luttazzi fa intervenire Travaglio per parlare del libro “L’odore dei soldi”, scritto a quattro mani con Elio Veltri. Una storia non autorizzata, delle origini delle fortune economiche di Berlusconi, dei segreti meccanismi finanziari che sancirono la nascita della Fininvest, oltre che della presenza ad Arcore del mafioso Vittorio Mangano.
Ritenendosi diffamata dalle dichiarazioni, che sollevavano dubbi sul rapporto tra B. e Cosa Nostra e sull’immagine dell’azienda, Mediaset aveva fatto causa, ma il Tribunale le aveva dato torto. Sentenza ora confermata in appello, dato che la Corte ha ritenuto che nella trasmissione “non si parla mai di Mediaset”, escludendo la possibilità che nell’immaginario del telespettatore siano possibili collegamenti tra i fatti illeciti attribuiti al premier e la società.
Travaglio la citò solo a proposito dei benefici ottenuti nel ‘94 grazie alla legge Tremonti varata dal governo del proprietario di Mediaset: “Conflitto d’interessi”, dunque. Ma denunciarlo non è illecito. È “legittima critica”. Ora Mediaset dovrà sborsare ai denunciati circa 100 mila euro di spese processuali.
di Alberto Sofia
da Il Fatto Quotidiano del 18 ottobre 2011