Giornata nera per banche e imprese italiane. Dopo che Fitch ha declassato il rating a lungo termine di Fiat da BB+ a BB-, con outlook negativo, nel tardo pomeriggio arriva un’altra brutta notizia. Questa volta da Standard and Poor’s, che ha deciso di tagliare il rating di un folto gruppo di banche e istituzioni finanziarie italiane. Il motivo, secondo quanto si legge in una nota, sono i rischi sull’economia e il debito sovrano. Fra gli istituti di credito interessati figurano Mps, Bpm, Banca Carige, Ubi e Banco Popolare. Confermati i rating di altre 19 banche fra cui Intesa Sanpaolo, Mediobanca e Unicredit.
L’agenzia fa sapere che lo scenario finanziario e macroeconomico è “più difficile del previsto” e spiega che il governo italiano deve attuare “misure fattibili di aumento della crescita e portare avanti una più veloce riduzione del peso del debito dovuto al settore pubblico” oppure, fra le diverse conseguenze negative, ci sono anche i più alti costi di finanziamento che le istituti di credito e imprese dovranno affrontare, oltre che una stretta sul credito con conseguenze sull’economia.
Standard&Poor’s ha contemporaneamente confermato i rating a lungo (A) e breve termine di (A-) di UniCredit e delle sue principali controllare UniCredit Bank, UniCredit Bank Austria e UniCredit Leasing. Ribadito anche l’outlook negativo. Ma, secondo l’agenzia, “la diversificazione di UniCredit consentirà probabilmente di attenuare l’effetto del deterioramento del contesto economico e operativo in Italia sulla performance finanziaria del gruppo”.
S&P ha poi ha rivisto al ribasso la sua valutazione del settore bancario italiano (Bank Industry Country Risk Assessment), facendola passare dal gruppo 2 al gruppo 3 su una scala da 1 a 10, dove 1 è il livello più elevato. Con la retrocessione di oggi gli istituti di credito operanti nel nostro Paese retrocessi da S&P sono più della metà del totale. Già a settembre l’agenzia aveva infatti adeguato il rating di sette banche, tra le quali Intesa San Paolo e Mediobanca, al rischio sovrano, e aveva cambiato l’outlook da stabile a negativo ad altri otto istituti.
Quanto a Fiat, l’agenzia di rating Fitch ha spiegato che il suo intervento è motivato dalla crescita del rischio a breve termine derivante dalla fusione con Chrysler in un sistema “sempre più impegnativo”. L’agenzia ha evidenziato anche come dal punto di vista operativo la combinazione dei due gruppi porterà ad un aumento del fatturato e delle economie di scala, sia per gli acquisti congiunti che per la condivisione di piattaforme e motori. Ciononostante ravvisa una “intrinseca debolezza di Fiat, che conta molto sui mercati italiano e brasiliano, ed ha una presenza solo marginale in mercati a forte crescita ed alto potenziale, come India, Cina e Russia, e nel redditizio segmento premium”. Inoltre, si legge ancora nella nota, Chrysler potrebbe drenare dal gruppo torinese “risorse finanziarie, tecniche, operative e/o umane” e quindi danneggiare l’operatività di Fiat, che comunque mantiene una “solida liquidità” pari a 12,2 miliardi di euro.