Tanti la definiscono una telefonata shock, ma chi si scandalizza ancora è un grande ingenuo o versa in grande mala fede: mi pare che Berlusconi da tempo abbia superato ogni limite e ogni argine. I passaggi di quella telefonata (l’attacco al Palazzo di Giustizia di Milano e a un quotidiano nazionale, La Repubblica) mostrano il tipico lessico di un golpista. Berlusconi parla come se fosse un colonnello sudamericano; le sue parole sono un distillato della cultura eversiva di cui è intriso. Fa proprio paura!
E mentre in qualunque angolo dell’opulento e democratico Occidente chiunque avesse pronunciato simili sconcezze sarebbe stato immediatamente destituito e/o costretto alle dimissioni, in Italia cosa accade? Niente, la consueta sottovalutazione, il solito derubricare alla rozzezza berlusconiana, tralasciando tutto il veleno di quelle parole, facendo finta che si tratti soltanto di frasi eccessive, colorite e colorate.
Mentre nel mondo si protesta violentemente, in Italia si lascia che qualche centinaio di teppisti, con una rigorosa regia occulta, metta a ferro e fuoco la capitale senza alcuna azione preventiva, con l’obiettivo di oscurare una grande manifestazione pacifica di rivendicazione di diritti e di libertà.
E se da un lato non mancano gli insulsi soloni che criminalizzano la ribellione popolare contro le manovre inique e recessive volute dai poteri forti e dalla finanza internazionale, dall’altro si consente che questo governo segnato da simile guida e da certi ministri assolutamente impresentabili – tra cui Romano sotto processo per reati di mafia – possa continuare a sopravvivere e a guastare l’Italia.
Mi chiedo con sincero timore cosa occorra ancora e di più grave per sciogliere le Camere e andare rapidamente a nuove elezioni; quali altri prezzi i cittadini dovranno pagare; quali altri strappi costituzionali dovranno ancora permettersi prima che vengano ripristinate normali condizioni democratiche in questo disgraziatissimo Paese.