Al cinema-teatro Europa di Faenza Tiziano Terzani è tornato a vivere per una sera. Una sala piena di aficionados al reporter fiorentino ha assistito alla prima presentazione dell’opera di Terzani, pubblicata in due volumi dai Meridiani Mondadori. Sul palco il curatore Àlen Loreti, a dialogo con Angela Terzani Staude, moglie di Tiziano.

Tante generazioni di latinisti, che hanno sudato durante gli anni del liceo sull’inossidabile dizionario di latino Castiglione-Mariotti, si ricordano del motto, di cinquecentesca memoria, della casa editrice Loescher: “È bello dopo il morire vivere ancora”. Nessuna massima pare più adatta a celebrare l’uscita delle opere di uno scrittore, pubblicate nella collana dei Meridiani Mondadori, la risposta italiana alla francese Bibliothèque de la Pléiade di Gallimard.

Questa volta è toccato a Terzani. Già verso la fine degli anni Novanta, Renata Colorni la direttrice della collana ebbe l’intuizione di inserire i grandi reporter fra gli immortali della letteratura. Arrivarono così i Meridiani di Fosco Maraini e di Ryszard Kapuscinski, che Terzani considerava il suo maestro. E così, dopo il maestro è stato celebrato l’allievo.

Quello del cinema-teatro Europa di Faenza è stato un vero e proprio viaggio per immagini attraverso la vita e l’opera di Terzani. Il curatore Loreti, potendo disporre della totale collaborazione della moglie Angela, ha portato alla luce documenti e foto inediti che aggiungono dettagli degni di nota, sulla vita dell’inviato speciale che tanto amava l’Oriente. Tra i cimeli una tessera del 1956, con la quale il diciottenne Terzani si iscriveva al Movimento federalista europeo (Mfi), nell’anno in cui il Pci si trovava a fare i conti con l’imbarazzo dell’invasione russa in Ungheria.

E poi ancora una foto in compagnia di Alberto De Maio, il suo amico ai tempi dell’università Normale di Pisa. Terzani si pagò la retta accademica con una borsa di studio: all’esame d’accesso alla Normale si qualificò secondo su 200 candidati. Appena la sera prima della prova aveva conosciuto Angela Staude, nata a Firenze da genitori tedeschi. “Tiziano in quell’occasione era sereno e distaccato”, così lo ricorda la moglie. Nell’archivio affidato a Loreti c’erano anche tanti passaporti, con timbri da ogni parte del mondo, che hanno concesso di ricostruire con precisione gli spostamenti del giornalista.

Ci sono voluti 3 anni di lavoro per condensare in due tomi il magma della vita di un uomo: non uno qualunque, ma un viaggiatore instancabile, un individuo curioso che, cresciuto in una famiglia assai umile e poco istruita, le occasioni se le andò a cercare a costo di sacrifici, rischi e rinunce. Queste ultime le pagò a caro prezzo in termini economici, come l’abbandono del posto fisso alla Olivetti, un’azienda allora stimatissima in tutto il mondo.

Ma a Terzani poco importava il denaro, aldilà di quello sufficiente a mantenere la moglie e i due figli. Per descrivere la sua vita pare valere piuttosto ciò che il letterato Giovanni Boine scriveva, nel 1915, all’amico poeta Dino Campana: “Zum sehen geboren (sono nato per vedere).  Tiziano Terzani ha consacrato la sua vita al racconto di ciò che ha visto: il Giappone, la prima volta nel ’65, il Sudafrica dell’apartheid, reso noto all’Italia nel suo primo reportage “Natale negro, rapporto sulla segregazione in Sudafrica”, edito dalla rivista Astrolabio di Ferruccio Parri, il Vietnam in guerra narrato da Saigon, la Cina della rivoluzione culturale, dalla quale venne cacciato dopo l’uscita del libro “La porta proibita”.

Dopo l’espulsione dalla Cina, Terzani si recò nuovamente in Giappone, un Paese profondamente cambiato dal suo primo viaggio. La moglie Angela racconta questo tempo come un momento di profondo sconforto per il marito: “Tiziano, che a metà degli anni Sessanta aveva amato le tradizioni nipponiche, ora non riusciva a comprendere il suicidio culturale di un Paese, che aveva cercato di battere gli Usa sul piano del mercato, poiché sul fronte militare era stato sconfitto”.

A sette anni dalla scomparsa, la biografia redatta da Loreti nella pubblicazione della Mondadori chiarisce bene chi era Terzani. Un uomo di valori e coraggio, che seppe fino all’ultimo sognare, uno che si licenziò da Il Giorno diretto da Italo Pietra, perché, in quella redazione, non c’era possibilità di raccontare l’estero.

Aveva studiato cinese, Terzani, per parlarla un giorno quella lingua, per visitare il Paese che rappresentava più di altri una sfida e un enigma per l’Occidente. Ci riuscì: Raffaele Mattioli, presidente della Banca commerciale italiana, “il banchiere umanista” che aveva aiutato Enrico Mattei a mettere in piedi l’Eni, per otto mesi gli versò mille dollari, in cambio di una corrispondenza da Singapore. Questo finché la rivista tedesca Der Spiegel, con la quale aveva iniziato a collaborare non lo assunse regolarmente.

Bel risultato per il figlio di un operaio, destinato all’officina meccanica paterna. Uno che dovette iniziare a riscattarsi dalla sua condizione sin da quando portava le braghe corte. Furono i professori del piccolo Tiziano ad accorgersi, per primi, di aver davanti un ingegno non comune e pretesero dai genitori che lo facessero studiare. “Suo padre e sua madre acconsentirono, pagandogli a rate i calzoni lunghi, per frequentare il liceo classico Galileo di Firenze”. Con questo ricordo dell’adolescenza di Terzani la moglie Angela ha inteso spronare i presenti dell’anteprima faentina e ha aggiunto: “Il messaggio di Tiziano è di autonomia, non bisogna mai farsi vivere la propria vita da qualcun altro. Lui ammoniva i più giovani dicendo loro: ‘Non abbiate paura di chi vuole farvi paura’ ed era solito ripetere: ‘Hai una sola vita, segui i tuoi interessi’. Mi ha stupito constatare –ha concluso- la vicinanza del suo messaggio a quello che Steve Jobs lasciò in eredità ai laureandi dell’università di Stanford. Anche Jobs tante volte è caduto, come mio marito. Questo prova che anche le sconfitte sono utili: bisogna trovare sempre una nuova via”.

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