Ben 623 aziende hanno richiesto di avvalersi di questo ammortizzatore sociale, di cui 216 solo nella provincia di Bologna. Rassegnazione tra i cassintegrati: "In giro nessuno ti assume, meglio pochi soldi al mese che niente".
Sebbene a livello regionale la Toscana sia quella ha registrato l’aumento maggiore (il più arriva a quota 72,82%), anche in Emilia Romagna i dati raccolti dall’Osservatorio Cig attraverso l’Inps, sono preoccupanti. Ben 623 aziende hanno richiesto di avvalersi di questo ammortizzatore sociale per un totale di 59.713.350 ore che coinvolgono circa 76 mila lavoratori, di cui 216 solo nella provincia di Bologna. E chi si ritrova in Cig ha “una speranza ancora minore di tornare al proprio posto di lavoro” spiega Giacomo Stagni, delegato Cgil.
“Momentaneamente la proroga della cassa integrazione, stipulata lo scorso anno, ci sembrò positiva perché per un attimo allontanò il pensiero di rimanere direttamente disoccupati”, racconta Giorgetta, tuta blu della Fini Compressori, a casa dal 2010. “Ma è già un paio di anni che va avanti questa storia e non la vedo più così adesso. Finché ci si trova in un periodo in cui non c’è lavoro va bene, ma quando continua per tanto tempo… Be’, la vedo brutta, specialmente per i giovani e per quelli che si avvicinano alla pensione e non ci arrivano mai, perché cambiano sempre le leggi. Un tempo la Fini aveva ben 350 lavoratori e adesso ne sono rimasti solo 180. Siamo in 62 oggi, a casa, e la ditta non sa dove metterci. Non si sa cosa succederà a ottobre 2012 quando questo contratto scadrà. Ci hanno detto chiaro e tondo che non c’è speranza di rientrare in azienda. Per chi è vicino alla pensione un po’ di spiraglio lo vedo, ma per gli altri è una tragedia”.
La stessa situazione è riscontrabile in tutta l’Emilia Romagna, dove quest’anno i contratti di solidarietà sono arrivati a coinvolgere 185 imprese (contro le 97 del 2010), le aziende che hanno dichiarato il fallimento sono state 35 e quelle ricorse alla cassa integrazione preventiva ben 23.
E allora, per tutti i lavoratori a casa, il Cig non sembra poi così male. Se non altro, spiega Marina del Gruppo La Perla, “c’è un po’ di tempo per trovare qualcos’altro e chissà, magari l’azienda si assesta e noi possiamo rientrare. Io ho svolto il mio lavoro in ditta per 22 anni e ho mandato via tante domande da quando mi trovo in cassa integrazione, da aprile. Ma non si trova nulla, le aziende non assumono. Con un famiglia da mandare avanti, mio marito è un impiegato e non guadagna molto, almeno ho questi 700 euro al mese per sopravvivere”.
“Questa notizia”, aggiunge Fiorella, “è un piccolo margine di tranquillità, perché l’alternativa fa molta più paura. Non è molto quello che mi viene dato ogni mese ma è meglio che niente, anche se ovviamente non mi sento tranquilla. So bene che per me, che ho 49 anni, non è così semplice inserirsi e fare altri lavori. Con la disoccupazione che c’è ci sono molti giovani, laureati anche, che si accontenterebbero di svolgere il mio lavoro di operaia addetta al controllo qualità e alle spedizioni. Così questa notizia mi concede un attimo di respiro, ma se non dovessero reintegrarmi in azienda, anche in un altro reparto, non so cosa succederà. È da quando ho 16 anni che lavoro e non mi sono mai fermata, doverlo fare adesso per andare non si sa dove è dura”.
Ci si accontenta di poco ormai, anche di una situazione che non solo porta alla frustrazione, ma che causa anche pesanti difficoltà economiche. Infatti, oltre alla lunga attesa per ricevere lo stipendio in cassa integrazione, determinata dai tempi tecnici per presentare la domanda da parte dell’azienda, l’osservatorio Cig ha calcolato che questo ammortizzatore sociale costa in media ai lavoratori 2 miliardi e 800 milioni di euro netti. Chi è a zero ore, poi, il primo anno perde circa 5.982 euro netti e, via via che il Cigs viene prorogato, il guadagno del cassaintegrato continua a diminuire, arrivando a costargli ben il 50% della sua originale retribuzione.
“Noi abbiamo fatto cassa integrazione ordinaria, straordinaria e poi in deroga e negli ultimi due casi i soldi non arrivavano mai”, racconta Manuela, operaia della Moto Morini in mobilità da aprile. “Con la straordinaria, ad esempio, il lavoratore rimane anche cinque o sei mesi senza stipendio prima di ricominciare a riceverlo e se hai dei mutui da pagare o le rate della macchina non ce la fai. E anche con la deroga, che la paga la Regione, è stato un incubo aspettare per ricevere qualche soldo con cui tirare avanti”.
di Annalisa Dall’Oca