La domanda è: siete più incazzati con chi sabato a Roma tirava le pietre o con Mario Draghi?
Incide di più sulla qualità della vostra vita un manipolo di giovani esaltati che fa 5 milioni di euro di danni (stime di certa stampa, tutte da verificare) o chi impone tagli al welfare per decine di miliardi?
Prendetelo come un test sul vostro grado di indignazione. Se siete veramente indignati, sabato sera a farvi perdere il sonno non sono state le immagini degli scontri, ma la solidarietà pelosa verso i manifestanti espressa dal futuro presidente della Bce. Altrimenti la vostra non si chiama indignazione, ma insofferenza. La stessa che si prova nei confronti dei padroni che non puliscono la cacca dei loro cani. O nei confronti delle interruzioni pubblicitarie durante la domenica sportiva.
C’è poi un secondo quesito: quanto vi piace la frase “non mi rappresenta nessuno”?
È di gran moda, pulisce la coscienza col minimo sforzo. Solo che quando non ti rappresenta nessuno poi organizzarsi diventa difficile, e così capita che qualche centinaia di invasati ben organizzati ti impone la sua scaletta. E quindi bisogna decidere, o si cede un po’ di sovranità a qualche struttura organizzata che magari ci va un po’ stretta ma che grazie all’organizzazione è in grado di difenderci (noi e le nostre istanze) dai guastafeste, oppure si continua a protestare così, come viene, e però poi si prende quel che viene.
La manifestazione di sabato dimostra che c’è una massa critica importante che ormai non si fa più abbindolare dalle chiacchiere del palazzo e dei talk show e che vuole imporre i suoi contenuti. Dimostra però anche che 30 anni di passività sociale non si cancellano in un giorno, ci hanno reso dei veri e propri analfabeti della protesta, di come si fa, di cosa può farci ottenere.