La magistratura perugina torna a chiedere alla Giunta per le autorizzazioni di Montecitorio il permesso per procedere nei confronti dell'ex ministro Pietro Lunardi, accusato di corruzione nell'ambito del filone dell'inchiesta G8 relativa a Propaganda Fide e che coinvolse anche il cardinale Crescenzio Sepe
E’ braccio di ferro tra il Tribunale dei Ministri di Perugia e la Giunta per le Autorizzazioni della Camera sul caso che riguarda l’ex ministro Pietro Lunardi. Per la quarta volta i magistrati hanno inviato alla Giunta gli atti relativi all’ex titolare delle Infrastrutture e dei Trasporti, accusato di corruzione nell’ambito dell’inchiesta G8, rinnovando la richiesta di autorizzazione. A dare la notizia è stato lo stesso presidente della Giunta, Pierluigi Castagnetti, nel corso della riunione di oggi.
Secondo quanto si apprende dalle agenzie di stampa, l’intenzione dei componenti della Giunta sarebbe di rispedire al mittente il fascicolo. E la Giunta sarebbe anche infastidita dal “continuo andirivieni” delle carte. Il presidente Pierluigi Castagnetti ha ricordato le precedenti tappe della spinosa contrapposizione tra la Camera e i Tribunale dei Ministri. Il 19 ottobre del 2010 l’assemblea dei deputati deliberò a maggioranza di rispedire al mittente la domanda di autorizzazione nei confronti di Lunardi, per due ragioni. Innanzi tutto perché, secondo la Giunta, i magistrati avrebbero dovuto estendere la richiesta di autorizzazione anche ai co-indagati, tra i quali il cardinale Crescenzio Sepe. “Dal momento che si procede per corruzione – è il ragionamento della Camera – ci sono un corrotto e un corruttore”. Il filone di indagini che coinvolge l’ex ministro Lunardi, infatti, è quello relativo all’acquisto da parte dell’ex ministro di un palazzo in via dei Prefetti a Roma ad un prezzo inferiore a quello di mercato. L’edificio era di proprietà di Propaganda Fide, all’epoca presieduta da Crescenzio Sepe, e l’accordo sull’acquisto sarebbe stato raggiunto per intercessione del costruttore romano Angelo Balducci.
La seconda ragione è che, al contrario di quanto prevede la legge costituzionale n.1 del 1989, il Tribunale non aveva svolto le indagini entro il termine previsto dei 90 giorni. E quindi il materiale istruttorio sottoposto all’esame della Camera venne considerato insufficiente. I magistrati perugini tornarono a chiedere l’ autorizzazione a procedere per Lunardi per gli stessi fatti “argomentando con elementi non precisati e sviluppati nella prima domanda”. Ma l’8 marzo scorso la Camera decise di restituire gli atti a Perugia, con le stesse motivazioni addotte in risposta alla prima richiesta. Due mesi dopo, nel maggio 2011, il Tribunale tornò a chiedere la stessa autorizzazione a procedere per gli stessi fatti, senza aggiungere all’incartamento , secondo la Giunta, “alcun elemento di novità”. Insomma,una “mera reiterazione della precedente domanda”, alla quale, il 20 luglio scorso, la Camera decise di non deliberare “in virtù del principio del ne bis in idem” (secondo cui non ci si può pronunciare due volte sugli stessi fatti). E dunque il fascicolo tornò a Perugia.
“La vicenda sta assumendo un carattere paradossale: giusta o sbagliata che sia la posizione della Camera, è evidente che la domanda autorizzatoria nei confronti di Lunardi non può essere esaminata nel merito perché il quadro investigativo sottoposto all’esame parlamentare non è stato ritenuto sufficiente, sia perché manca la rappresentazione della posizione dei coimputati, sia perché l’attività investigativa del Tribunale non è stata svolta e non è stato sentito l’ex ministro”, ha detto il presidente Castagnetti ribadendo ancora una volta la ferma posizione. I magistrati, insomma, “non possono procedere nei confronti del deputato del Pdl, essendo sfornito dell’ autorizzazione prevista dalla Costituzione”, ha detto Castagnetti. Secondo il quale a questo punto ci sono solo due possibilità: o ci si conforma alla linea della Camera, “per esempio svolgendo suppletive indagini, eventualmente delegandole alla polizia giudiziaria di Roma” (che è il luogo dove sarebbe stato commesso il fatto), oppure si solleva conflitto di attribuzioni. Opzione che, secondo il presidente della Giunta, spetta al Tribunale e non Montecitorio, come sostenuto invece da Perugia. Non è ammissibile, invece, per Castagnetti, “l’andirivieni continuo del fascicolo che il Tribunale dei ministri insiste a trasmettere alla Camera già conoscendone la posizione definitiva”.
In Giunta, oggi, tutti hanno concordato il presidente sull’idea di ritrasmettere gli atti a Perugia senza più entrare nel merito. Tranne la capogruppo del Pd Marilena Samperi, che ha chiesto più tempo per esaminare la questione. Alla fine l’esame del caso è stato rinviato ad altra seduta.