Fa estremamente caldo in questa domenica di luglio e l’asfalto della capitale cuoce a fuoco lento le suole della gente.
Il cordone di polizia è discreto, quasi non si vede. Il figlio di Giangi toglie per un attimo l’auricolare dall’I-pod e dice che è per via dei tagli del governo alle forze dell’ordine, poi rimette gli auricolari.
Il nostro corteo procede compatto e silenzioso per le strade di Roma; silenzioso ma colorato, dalle bandiere del movimento. Silenzioso ma inframezzato dagli slogan che l’altoparlante in testa al corteo diffonde. Le bandiere sono quelle blu e oro del congresso del movimento NO RAV. Le bandiere e gli striscioni con le scritte nere. Bordate oro.
Il leader del movimento, LCdM, ha lanciato ieri sera l’ultimo messaggio in Tv, l’ultimo invito a scendere in piazza.
Il movimento NO RAV è stufo, il movimento NO RAV è pronto, il movimento NO RAV chiede visibilità, ha detto. Poi ha consegnato la fideiussione rilasciata da un primario istituto di credito al notaio presente in studio, mostrando bene alle telecamere il logo della banca e la firma dell’ad (si dice che quest’ultimo stia per entrare nel direttivo del movimento). Il notaio ha raccolto, verbalizzato sigillato e consegnato a un funzionario del Comune di Roma. In diretta. Tutto è andato per il meglio, come si conviene tra gentiluomini, così oggi possiamo essere qui, a sfilare e protestare. Io con la Sally e Giangi con il figlio. Sally quest’anno ha dato la maturità e tra due settimane parte per gli States: vuole fare il coast to coast e essere di ritorno per i primi di settembre, per passare un po’ di tempo con la madre in Svizzera, prima dell’anno sabbatico in sud Africa e India, prima di iscriversi all’università (Harvard o quello che è). Il figlio di Giangi fa la quinta ginnasio e si guarda attorno come se gli esseri umani che lo circondano lo facessero vomitare, a cominciare da me e da suo padre. Gli dico di tirare su il finestrino che se no tanto vale spegnere l’aria condizionata: non mi degna di risposta. Giangi parla al telefono.
Il megafono, montato su un Hammer nero quattro macchine davanti a noi, ora diffonde un pezzo del discorso di LCdM, quello in cui cita l’ex Governatore della Banca Centrale. Gran bel discorso: abbasso un po’ il finestrino anche dalla mia parte per sentire meglio e alzo l’aria condizionata. Il figlio di Giangi si volta a guardarmi e sembra sorridere. Sally dice qualcosa a mezza voce ma colgo solo quattro parole: ozono, Rifkin, olistico e weltanschauung.
Quando il discorso trasmesso dal tetto dell’Hammer finisce parte una salva di clacson da tutte le auto del corteo. Un brivido mi sale lungo la schiena. Abbasso l’aria condizionata, chiudo il finestrino e dico all’autista di accostare alla prima occasione. Alla sera, in albergo, sono stanco ma soddisfatto: la lotta è dura ma i NO RAV non mollano.
Diciamo no alla speculazione selvaggia, diciamo no a una finanza padrona dell’economia, diciamo no all’arricchimento facile, alle regole su misura per i furbetti. E’ ora che in Italia anche i ricchi possano dire la loro: basta tagli, basta sacrifici, basta tasse, basta discriminazioni per chi porta il doppio cognome. Chiediamo leggi speciali a tutela delle minoranze linguistiche che pizzicano la “r”, chiediamo di poter portare il ciuffo lungo senza sentire sempre su di noi lo sguardo vessatorio dell’operaio. Vogliamo la cassa integrazione per i miliardari. E poi basta con le facili battute su aragosta e caviale.
Chiediamo, rivendichiamo il diritto sacrosanto di non sottostare al principio di causa e conseguenza, di azione e reazione.
Perché se una banca froda il fisco l’impiegato di quella banca non viene neanche multato, mentre il suo ad rischia la galera?
Perché un operaio in catena di montaggio può tranquillamente far finta che lui delle scelte strategiche, industriali, commerciali fatte dalla sua azienda negli anni passati non ha colpa, mentre il manager, il dirigente, il presidente del cda rischia di doverne rispondere?
E’ ora di dire basta, di dire un no forte e chiaro, senza se e senza ma.
Siamo i NO RAV, NO Responsabilità Al Vertice: il paese ha bisogno di noi.