Dopo quaranta anni di ‘regime Gheddafi’, il domani della Libia è già oggi. La speranza di normalità è arrivata in serata con la comunicazione del Cnt: “sabato proclameremo la Libia libera”. Un annuncio stringato che però significa tantissimo, specie dopo sette mesi di guerra e migliaia di morti. ‘Libia libera’ vuol dire che il processo per una democratizzazione del Paese può iniziare a stretto giro. Nelle prossime ore, tanto per iniziare, la Nato terrà il consiglio Atlantico per valutare se decretare la fine della missione a Tripoli. “Il nostro intervento terminerà d’accordo con l’Onu ed il Cnt” ha detto il segretario generale dell’Alleanza Atlantica, che ha trovato subito sponda nell’auspicio del segretario Onu. E visto che Ban Ki Moon ha chiesto di “fermare i combattimenti” quanto prima, all’appello per la normalità mancherebbe colo il Cnt.
La posizione del Consiglio nazionale di transizione è chiaro da giorni: perché sia compiuto il passaggio dal regime alla nuova Libia, gli ex ribelli vogliono che l’Algeria consegni quel che resta del clan Gheddafi, ovvero la moglie, la figlia Aisha con la bimba nata proprio poche ore dopo aver attraversato il confine, quest’estate, e poi ancora i figli Hannibal e Mohammed, con le mogli ed alcuni nipoti. Sono gli ultimi esponenti di un clan considerato un tempo invincibile e finito ormai nella polvere. Anzi, nella buca dove è stato trovato il colonnello.
Un altro, forse ancor più importante segnale dell’avvio di un nuova era per la Libia è arrivato con le parole dei leader mondiali, prime fra tutte quelle di Barack Obama. “Avete vinto la vostra rivoluzione, ora avete una grande responsabilità” ha detto il presidente degli Stati Uniti rivolgendosi direttamente al popolo libico. Per il numero uno della Casa Bianca, però, ci saranno ancora giorni difficili da affrontare. Quanto tempo ci vorrà per fare della Libia un paese democratico? Una risposta plausibile è arrivata dall’ambasciatore inglese a Tripoli, Christopher Prentice. Da Venezia, dove si trovava per inaugurare la nuova Scuola Interdipartimentale in Relazioni Internazionali dell’università Ca’ Foscari, il diplomatico ha tracciato la strada. “Ora il prossimo passo è quello di cominciare a sviluppare la nuova società, il Consiglio Nazionale Transitorio ha messo a punto già un piano per il futuro, una road map – ha spiegato Prentice – . Prima ci sarà un governo transitorio che prepara le elezioni per un’assemblea costituzionale ed entro un anno e mezzo o due dovranno tenersi le elezioni per il governo democratico permanente”.
Le previsioni dell’ambasciatore inglese non hanno riguardato solo i tempi del processo democratico, ma anche i futuri scenari che esso potrà comportare per i partners del paese nord africano. “Gli sviluppi danno speranze per tutti e per il popolo libico in particolare, verso una società libera, che rispetta i diritti umani – ha detto Prentice – . In Europa siamo pronti a supportare questo processo ma dobbiamo avere pazienza, dare spazio al popolo libico di determinare il proprio futuro, siamo preparati ad aiutarlo in qualsiasi modo”.
L’impegno delle superpotenze mondiali, tuttavia, come è ovvio non sarà un vuoto a rendere. E le parole del diplomatico di sua maestà Elisabetta d’Inghilterra, se ci fosse bisogno, lo hanno confermato ancora una volta. “Possiamo finalmente sperare che la Libia sarà nel futuro un partner ottimo in tutti i settori, da quello commerciale a quello economico – si è augurato Prentice – ; sarà un paese molto ricco, fonte di prosperità nella costa meridionale del mediterraneo. Con la sua popolazione poco numerosa potrà assorbire il flusso dei migranti dal sud. La Primavera Araba è il più importante processo del nuovo secolo, vedo tutti questi eventi positivi per tutta l’area, anche per Israele”. Forse sarà questa, più che l’anelito del popolo verso la democrazia, la chiave di lettura per comprendere come sarà il futuro della Libia.