Doveva essere una guerra lampo, invece è andata avanti per otto mesi, con un assedio a Sirte, la città natale di Gheddafi, protrattosi per mesi.
I primi segni di insurrezione risalgono al febbraio scorso, quando una manifestazione contro il regime del Colonnello viene duramente repressa a Bengasi e Al Baida, nell’est del Paese. La protesta inizia ad organizzarsi, sull’onda delle rivolte negli altri Paesi del NordAfrica. Ai ribelli si uniscono anche i ministri della Giustizia, Mustapha Abdel Jalil, che diventerà il leader del Consiglio nazionale di transizione, e dell’Interno, Abdel Fatah Younes. Dopo di loro, decine di rappresentanti politici e militari faranno lo stesso.
Gli insorti riescono a conquistare rapidamente la zona dalla frontiera egiziana fino a Ajdabiya, che include Tobruk e Bengasi. Un mese dopo, a marzo, la Francia, prima tra i Paesi europei e con notevoli interessi economici in Libia, riconosce la legittimità del Cnt. Parigi fornisce anche delle armi da fuochi a supporto dei ribelli, paracadutandole sulle montagne di Nefoussa, a sud-est di Tripoli, come riconoscerà ufficialmente solo qualche mese dopo. Anche l’Onu autorizza il ricorso alla forza, con l’obiettivo di proteggere i civili, contro le truppe fedeli al rais, che nel frattempo attaccano Bengasi. Dopo i primi bombardamenti dei ribelli libici contro i lealisti, interviene la Nato che prende il comando delle operazioni.
Nel mese di Aprile via via Londra, Parigi, Roma, ma anche Il Cairo e Washington inviano consiglieri militari presso il Cnt. A Maggio, dopo due mesi di assedio, gli insorti conquistano l’aeroporto di Misurata, a est della capitale Tripoli. Nel mese di Luglio le truppe fedeli a Gheddafi, intanto, riescono a uccidere il generale Younes, capo di stato maggiore della ribellione. E accusano la Nato di aver ucciso 85 civili durante i raid nell’ovest del Paese. Il 20 agosto scoppia la ribellione nella capitale, con l’appoggio aereo della Nato. Tre giorni dopo viene preso il bunker del colonnello, Bab al-Aziziya, e da più parti si diffondono voci su una sua fuga.
A l’Onu e le grandi potenze mondiali sbloccano 15 miliardi di dollari di beni libici che erano stati congelati sotto il regime. A metà del mese il leader francese Nicolas Sarkozy e quello britannico David Cameron visitano il Libia. Il giorno successivo l’Onu riconosce ufficialmente il Cnt. Intanto sale il bilancio dei morti, che arriva a 25mila.
Tra fine settembre e inizio ottobre l’avanzata verso Sirte da parte dei ribelli prosegue con la conquista dell’università e del centro di conferenze Ouagadougou, poi il quartier generale della polizia. A metà mese vengono riaperti lo spazio aereo, parzialmente, e il gasdotto Greenstream tra la Libia e l’Italia. Il 17 ottobre Bani Walid, a sud-est di Tripoli, viene totalmente liberata, e il giorno dopo atterra a sorpresa a Tripoli il segretario di stato Usa Hillary Clinton. Il 19 ottobre il numero due del Cnt, Mahmoud Jibril, esprime preoccupazione per la battaglia politica futura che potrebbe gettare il Paese nel caos. Il 20 ottobre termina il lungo assedio a Sirte, ultimo bastione del regime. I ribelli ne avevano annunciato la presa più volte, fino ad oggi, con la notizia dell’uccisione di Gheddafi.