La vita del rais, il leader più longevo del mondo arabo
Capitano, autoproclamatosi colonnello, Muammar Gheddafi è il più longevo leader del mondo arabo. Nato a Sirte, in Libia, 68 anni fa, guida il Paese da 41 anni, da quando il primo settembre del 1969 rovesciò con un colpo di Stato re Idris. Da allora, aveva 27 anni, è ufficialmente la ‘Guida della grande rivoluzione della Grande Jamahiriya araba libica popolare e socialistà, introducendo un neologismo per indicare un “governo governato dalle masse”. Leader controverso, non vanta un sostegno condiviso tra i capi di Stati arabi e sulla scena internazionale, anche per aver offerto appoggio a movimenti radicali per combattere quello che lui ha definito “l’imperialismo occidentale”. Ultimo figlio di una famiglia di Beduini, Gheddafi è cresciuto con il mito del presidente egiziano Gamal Abdel Nasser e il suo sogno è sempre stato quello di promuovere l’unità araba. Entrato nell’Accademia militare di Bengasi nel 1963, Gheddafi organizza giovanissimo un movimento segreto per rovesciare la monarchia libica filo-occidentale. Dopo la laurea, nel 1965 va in Gran Bretagna per seguire un corso al collegio dell’esercito britannico e rientra in patria nel 1966 come ufficiale.
Dalla sua ascesa al potere, Gheddafi ha istaurato un “socialismo islamico”, come lui lo ha definito, con tinte di nazionalismo pan-arabo. Come altre figure rivoluzionarie prima di lui, anche Gheddafi ha delineato la sua filosofia politica nel Libro Verde pubblicato in tre volumi tra il 1975 e il 1979 dove vengono descritti gli ideali dello stato islamico-socialista. Uno dei suoi primi provvedimenti è stata la nazionalizzazione di alcune aziende, tra cui quelle di cittadini italiani. Nel 1977 ha dichiarato la “rivoluzione del popolo” e cambiato il nome del suo Paese da Repubblica libica a Grande Jamahiriya araba libica popolare e socialista. Nel settembre del 1970 è riuscito, per la prima volta, a imporre un aumento del prezzo del petrolio al barile, aprendo la strada ad altri Paesi produttori e squilibrando la geopolitica petrolifera.
Nei vent’anni che seguirono furono diversi gli attriti tra Gheddafi e la comunità internazionale, in particolare con gli Stati Uniti. Nel 1981, con l’avvento alla Casa Bianca di Ronald Reagan, i rapporti tra Washington e Tripoli peggiorarono, nonostante la Libia continuasse a esportare oltre il 40 per cento del proprio petrolio verso gli Usa. Il 19 agosto del 1981 vi fu il primo scontro aereo tra libici e statunitensi sul golfo di Sirte. Peggiorarono anche i rapporti con l’Italia, dietro pressioni di Washington, che cercava di isolare commercialmente e politcamente la Libia. Gheddafi ebbe una svolta politica negli anni Ottanta: la sua indole anti-israeliana e anti-americana lo portò a sostenere gruppi terroristi, quali per esempio l’irlandese Ira e il palestinese Settembre Nero. Fu anche accusato dall’intelligence statunitense di aver organizzato degli attentati in Sicilia, Scozia e Francia, ma si dichiarò sempre innocente. Si rese anche responsabile del lancio di un missile contro le coste siciliane, fortunatamente senza danni.
Divenuto il nemico numero uno degli Stati Uniti d’America, fu progressivamente emarginato dalla Nato. Inoltre, il 15 aprile 1986, Gheddafi fu attaccato militarmente per volere del presidente statunitense Ronald Reagan: nel massiccio bombardamento morì la figlia adottiva di Gheddafi, ma il colonnello ne uscì indenne. Il 21 dicembre del 1988 esplodeva un aereo passeggeri sopra la cittadina scozzese di Lockerbie: morirono tutte le 259 persone a bordo oltre a 11 cittadini di Lockerbie e l’Onu attribuì alla Libia la responsabilità di questo attentato aereo e chiese al governo di Tripoli l’arresto di due suoi cittadini accusati di essere coinvolti. Gheddafi rifiutò e le Nazioni Unite approvarono la Risoluzione 748, che sanciva un pesante embargo economico contro la Libia. Nel 1999, con la decisione della Libia di cambiare atteggiamento nei confronti della comunità internazionale, Tripoli consegnò i sospettati di Lockerbie: Abdelbaset ali Mohamed al-Megrahi fu condannato all’ergastolo nel gennaio 2001 da una corte scozzese, mentre Al Amin Khalifa Fhimah fu assolto.
L’amicizia con Berlusconi. Negli ultimi anni Gheddafi ha cambiato atteggiamento per ciò che concerne la politica estera: ha condannato l’invasione dell’Iraq ai danni del Kuwait del 1990 e successivamente ha sostenuto le trattative di pace tra Etiopia ed Eritrea. A fronte della disponibilità libica di lasciar sottoporre a giudizio gli imputati libici della strage di Lockerbie e al conseguente pagamento dei danni provocati alle vittime, l’Onu decise di ritirare l’embargo. Nei primi anni duemila, gli ultimi sviluppi della politica libica di Gheddafi hanno portato a un riavvicinamento agli Usa e alle democrazie europee, con un parallelo allontanamento dall’integralismo islamico. Grazie a questi passi l’allora presidente statunitense George W. Bush decise di togliere la Libia dalla lista degli Stati Canaglia ristabilendo pieni rapporti diplomatici. Nei confronti dell’Italia, Gheddafi e il premier Silvio Berlusconi hanno firmato il 30 agosto del 2008 a Bengasi il Trattato di Amicizia, mettendo fine a tutte le controversie risalenti all’epoca coloniale. Gheddafi si vantò di essere l’unico leader nordafricano ad aver ottenuto le scuse ufficiali per l’occupazione subita dal suo paese e decise che le foto di quell’evento, sarebbero state impresse sui nuovi passaporti libici.