Lui (o lei) è un artista, ma fa satira. Le sue parole hanno sicuramente una profondità politica. L’Occidente ha scoperto quest’anno le potenzialità dei social media. Le ha scoperte osservando l’organizzazione delle proteste contro i “regimi” mediorientali: dalle rivolte in Iran, alla caduta di Mubarak in Egitto. Passando per tutte le cosiddette Rivoluzioni dei gelsomini.
Qualche giorno fa il Granchio ci cerca su Twitter: ci ha spedito una mail importante.
Mi sono messo/a a fare attività dal basso.
La maggior parte dei cinesi usa il mouse per andare oltre, to click forward. Voglio che sempre più persone si prendano cinque minuti per pensare all’oscurità. Bisogna sentire la paura, e superarla. L’anonimato avrà la stessa forza di una firma. Bisogna farsi una foto, scrivere qualche riga, andare a trovare Chen Guangcheng. Questo è quello che fanno i guerrieri quando rendono omaggio.
Il signor Chen Guangcheng è un attivista cieco che vive con la famiglia in isolamento totale dopo aver scontato comlpetamente una condanna a quattro anni e tre mesi per aver denunciato 130mila casi di aborti forzati a causa della pianificazione familiare nella sua provincia: lo Shandong.
È uscito di prigione solo “per entrare in una cella più grande”, come afferma in un video che è riuscito ad attraversare le mura di casa sua a febbraio di quest’anno. È infatti sotto ruanjin, agli arresti domiciliari, letteralmente si traduce detenzione morbida, morbida come i ruanzuo, i sedili di prima classe. Questo nonostante abbia passato in galera tutta la pena a cui è stato condannato. E anche i suoi famigliari sono nella stessa condizione, pur non avendo commesso alcun reato.
L’intera vicenda ha colpito profondamente una certa parte di opinione pubblica, sicuramente quella più colta. Nelle ultime settimane decine di giornalisti e di attivisti hanno provato a raggiungere la casa del signor Chen senza fortuna. La campagna supportiamo Guangcheng, liberate Guangcheng si sta diffondendo sui microblog. E il piccolo e testardo gruppo di avvocati che si era occupato delle dozzine di arresti di “dissidenti” avvenuti a marzo scorso – subito dopo l’infuriare, in altre parti di mondo, delle cosiddette rivolte del gelsomino – si è rinvigorito.
Hu Jia, un importante attivista recentemente uscito di galera, ha postato una sua foto con gli occhiali scuri e in molti l’hanno imitato. Alcuni attivisti hanno addirittura appeso sulla facciata del palazzo della Regione Shandong a Pechino uno striscione in cui si accusano le autorità dello Shandong di rovinare l’immagine della Cina (possiamo definirlo flash mob, o mi sbaglio perché siamo in Cina?).
Il 12 ottobre un accorato editoriale del Global Times, spin off in lingua inglese del Quotidiano del popolo, significativamente intitolato “Non trasformate un villaggio in una pentola a pressione”, chiede di lasciar fuori la politica dalla vicenda perché “più attenzione verrà catalizzata sull’incidente, più sarà difficile risolverla”.
Intanto il movimento che supporta Chen Guangcheng cresce, e sono sempre più individui a correre il rischio. Ogni giorno almeno una decina di persone mette la propria faccia su un blog, e si copre gli occhi a sostegno di Guangcheng.
Nell’intervista che ci aveva rilasciato a luglio, Crazy Crab indicava anche graffiti e flash mob come forme di satira politica, “perché richiedono la presenza di un autore che esprima le proprie opinioni”. Chissà cosa ne pensa delle frasi che accompagnano i volti con gli occhiali scuri? Siamo quasi sicuri che si sta commuovendo. Ne riporto una, tanto per rendere l’idea: “Il Celeste Impero – democratico, benestante, forte e prospero – non è in grado di ospitare un cieco assetato di luce”.
E intanto si è concluso un Plenum di cui veramente poco è stato dato in pasto alla stampa, mentre la stragrande maggioranza della popolazione urbana è su Weibo, uno dei social network più popolari in Cina, a commentare la cronaca.