In un paese in provincia di Milano è partita la sperimentazione che usa i molluschi per filtrare le acque reflue da sostanze chimiche e stupefacenti. Nel 2008 il rapporto dell'Istituto Mario Negri fece scalpore rilevando negli scarichi della città una presenza doppia di cocaina, eroina e cannabis rispetto alle statistiche ufficiali
Il dispositivo di bio-filtrazione con bivalve è stato installato sull’acquedotto di Nosedo (Milano) in collaborazione con la Fondazione AquaLab e la sperimentazione, appena partita, potrà contribuire ad affrontare un tema di crescente interesse come il rapporto tra droghe e risorse idriche. Un rapporto che a Milano ha fatto scalpore nel 2008, quando alcune rilevazioni dell’Istituto Mario Negri hanno permesso di rintracciare empiricamente nelle acque di scarico della città residui di cocaina, eroina e cannabis compatibili con un uso di droghe doppio rispetto a quello indicato nelle statistiche ufficiali. Un dato che un comunicato un po’ pasticciato ha voluto enfatizzare, costringendo l’istituto a precisare che risale a cinque anni fa.
Tuttavia resta l’interesse per questo esperimento di “bonifica” naturale delle acque. “Anche perché ignorare le concentrazioni di inquinanti – precisa il professore di Ecologia Università degli Studi di Milano che lo ha curato, Andrea Binelli – significa ritrovarsi sostanze nocive nei campi, sui prati e perfino a tavola; oggi in quantità modeste e non preoccupanti, domani forse con qualche preoccupazione in più. Il Mario Negri ha dei nuovi dati , aggiornati ma non ancora pubblicati, che confermano valori di stupefacenti decisamente allarmanti”. Su questo il responsabile dei progetti sperimentali del laboratorio di Tossicologia della Nutrizione del Mario Negri Ettore Zuccato non ha voluto fornire notizie o anticipazioni lasciando che a parlare sia una nota irritata per le imprecisioni nella comunicazione.
Aspettando dunque nuove comunicazioni resta l’impresa di Binelli che non solo ha curato il progetto di depurazione con molluschi ma si è procurato con le sue mani 30mila cozze prelevandole con immersioni dai laghi di Lugano e Lago Maggiore. “In via sperimentale si è tentato in passato di utilizzare la capacità filtrante dei molluschi ma mai misura così massiva e con strumenti di misurazione utili a monitorarne l’efficacia”. Il mollusco, infatti, utilizza ha la capacità di filtrare le sostanze inquinanti (droghe, composti farmaceutici, metalli pesanti), accumulandoli nei propri tessuti. Al termine del suo ciclo vitale, il bivalve è rimosso e con esso anche il carico inquinante accumulato. “E’ importante perché da un decennio circa è cresciuto l’allarme sulla presenza di sostanze inquinanti nella falda e nelle acque irrigue non depurate, droga compresa”.
Presto sapremo (forse) se le statistiche sul consumo di stupefacenti saranno da aggiornare e se le cozze-antidroga avranno lavorato bene. Ma da un’altra ricerca, intanto, arriva un nuovo allarme per la salute dei consumatori di cocaina: la rivista “Heart” pubblica uno studio condotto da Giovanni Donato Aquaro e Michele Emdin delle Unità di Risonanza Magnetica e di Medicina Cardiovascolare della Fondazione Monasterio-CNR di Pisa, pubblicata dalla rivista Heart, ha dimostrato per la prima volta che il cuore di chi “tira” cocaina è assai malmesso, anche in assenza di sintomi, con danni al cuore in 8 casi su 10.