“Diamoci un taglio”. E’ questo lo slogan con cui il movimento No Tav si è ricompattato in vista della manifestazione di domenica. Parole d’ordine e (soprattutto) modalità di piazza sono state chiarite giovedì sera in un’assemblea pubblica al centro polivalente di Villar Dora (To). E il messaggio del popolo che si oppone all’alta velocità è chiaro: dopo gli incidenti di sabato a Roma, chi cercherà la violenza si porrà contro il movimento.

La manifestazione partirà da Giaglione e arriverà al cantiere di Chiomonte per tagliare le reti che cingono il cantiere del tunnel geognostico, “a volto scoperto, senza oggetti contundenti, solo le bandiere No Tav e le tronchesi”, come ha ribadito Alberto Perino, uno dei portavoce.

No alla violenza ma sì alla disobbedienza civile. Tagliare la recinzione, secondo i No Tav, è un piccolo gesto illegale di fronte alle irregolarità del cantiere e della linea Torino-Lione: “Fette dello Stato difendono questa illegalità e noi domenica faremo la nostra illegalità”, argomenta Perino.

Davanti a una sala con più di cinquecento persone che occupavano tutti gli spazi possibili, il portavoce ha dismesso i panni da “Beppe Grillo della Valsusa” e con un tono pacato ha premesso: “Nessuno di noi né vuole né deve cercare lo scontro. Ci siamo giocando una grossa fetta del patrimonio di 21 anni di battaglie”. Meglio recuperare l’atteggiamento non-violento che anima i valsusini: “È importante fare come abbiamo fatto il 30 luglio scorso, quando Roberto Maroni disse che ci sarebbe scappato il morto e invece non è successo niente”. La convinzione diffusa è che gli allarmi siano stati lanciati per sfibrare il movimento con la paura, come fa notare una giovane mamma che prende la parola sul palco: “Sentendo le notizie riflettevo su quanto mi convenisse partecipare domenica”, ha detto prima di confermare la sua presenza.

Per la marcia i comitati hanno posto regole e una scaletta di azioni: partenza da Giaglione, percorso in mezzo ai boschi per arrivare alla baita della Clarea, dove i manifestanti si compatteranno. “Da lì chi vuole si avvicina alle reti – ha spiegato Perino –. Ci sarà un segnale per avvicinarsi e uno per allontanarsi”. La zona rossa comincerà a mille metri dalle reti. Perino ha chiesto ai manifestanti di prendere precauzioni contro gli idranti e i lacrimogeni.

“Se useranno violenza gireremo i tacchi e ce ne andremo”, ha precisato Maurizio Piccioni, del movimento “Spinta dal Bass” e portavoce dei No Tav. Per Elisio Croce, un veterano della protesta No Tav, “questa è una valle di idealisti, pacifisti e non violenti. I valsusini hanno il coraggio di andare a volto scoperto e di dire a chi si copre di mostrare i suoi occhi”; e per Perino “chi non accetta le condizioni di questa assemblea si pone contro il movimento”.

È un chiaro segnale lanciato agli estranei con cattive intenzioni tanto temuti dalla questura. Nel mirino non ci sono le ragazze e i ragazzi del centro sociale torinese Askatasuna, sottoscrittori delle “regole d’ingaggio” dei comitati. Lo sanno che domenica si segnerà un punto cruciale, come ha affermato Piccioni: “Abbiamo l’Italia che ci guarda”. Una manifestazione non violenta e un atto di disobbedienza civile ben riuscito potranno “dare un nuovo inizio per vincere la battaglia. Siamo in vantaggio”, ha detto citando i numeri delle forze e dei mezzi dispiegati dalle forze dell’ordine nel fine settimana.

Ma alcuni dei presenti si sono detti contrari al taglio delle reti, gesto che potrebbe provocare reazioni di polizia e carabinieri. Qualcuno ha proposto di usare delle tronchesi di cartone, un altro chiede di portare delle reti da casa e tagliare quelle. “La disobbedienza civile non è un gesto simbolico”, ha tagliato corto Perino.

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