Arriva negli autosaloni una coppia di nuove Lancia. La prima porta il nome Thema, il modello che salvò la casa di Chivasso (e rimpinguò le casse della Fiat che la possedeva), proiettandola verso traguardi di vendite e di utili mai più raggiunti. La seconda si chiama Voyager ed è l’ultima versione dell’omonima monovolume che ha permesso a Chrysler di diffondersi anche nel vecchio continente. Le due macchine, fabbricate negli impianti canadesi della casa americana, sono i primi veri risultati dell’integrazione tra il costruttore di Detroit e il gruppo torinese ideata da Sergio Marchionne. E’ più che legittimo, quindi, guardare dentro le due vetture per capire che cosa sono e che cosa significano per la Fiat e per il lavoro italiano, e di indovinare quale posto avranno nel panorama automobilistico.
Intanto, chiariamo subito che sono macchine americane. Oltre a essere fabbricate in stabilimenti che sorgono in Nordamerica, hanno linee inconfondibilmente yankee (soprattutto la Thema, che negli Usa si chiama Chrysler 300) e potranno far storcere il naso ai “lancisti” che ancora ricordano la Thema del 1984 e l’altra monovolume Lancia, l’appena pensionata Phedra co-prodotta insieme ai francesi di Peugeot-Citroën. Però, allo stesso tempo, Thema e Voyager hanno contenuti tecnici e stilistici italiani e allestimenti – diversi da quelli offerti sui mercati oltreoceano – studiati per mantenere una certa “italianità”, con l’obiettivo di renderle attraenti per la clientela europea. In pratica, non potendo intervenire sulla carrozzeria della Chrysler 300 per ricavarne una vera Thema tutta tricolore (a meno di non investire montagne di denaro), Marchionne ha puntato sul concetto di “salotto italiano” che peraltro caratterizza anche la Voyager. Insomma, abbiamo carrozzerie a stelle e strisce e abitacoli che cercano di ricreare quell’atmosfera made in Italy che costituisce ancora un valore aggiunto.
Made in Italy? C’è, ma non troppo – Ma che cosa c’è di italiano nelle due vetture? Sulla Thema c’è soprattutto un moderno motore diesel con 6 cilindri a V di 3 litri che esce dagli stabilimenti della VM Motori di Cento (Ferrara), azienda della quale Torino, tramite la divisione motoristica Fiat Powertrain, ha acquisito il 50% rilevandolo dal gruppo americano Penske, con l’altro 50% rimasto a General Motors. Nella nuova Thema è offerto in versioni da 190 e da 239 CV, mentre il motore a benzina è Chrysler, un 3,6 litri da 283 CV denominato “Pentastar” che spinge l’ammiraglia fino a 240 km/h. Alla Voyager, invece, sempre la VM Motori fornisce un altro diesel un po’ datato, un 2,8 litri da 163 CV che già la equipaggiava fin dai tempi dello sfortunato matrimonio Chrysler-Daimler. La Voyager a benzina ha sempre il Pentastar, ma in Italia non verrà importata.
Anche tutta l’elettronica di controllo dei motori VM è, ovviamente, di produzione italiana. Sono firmati Poltrona Frau i sedili, i rivestimenti interni e i cruscotti delle versioni più lussose della Thema che utilizzano la pelle, “Platinum” ed “Executive” (ma c’è pure una meno completa “Gold”), e anche della Voyager, che ha solo il “Gold” rinforzato con qualche accessorio. Ed è tutto: il contributo del lavoro italiano si ferma qui. Attenzione, però: negli interni, la firma è Poltrona Frau, ma non sono gli operai italiani a produrli, perché lo stabilimento è vicino a Detroit. Nella contabilità del lavoro c’è da mettere in conto che le defunte Lancia Phedra e Fiat Ulysse di italiano avevano ben poco: venivano prodotte in Francia come le similari Peugeot 807 e Citroën C8, con componenti e motori prevalentemente transalpini. Oggi, con la Lancia Voyager che sostituisce entrambi i modelli italiani, almeno siamo riusciti a portare a casa la produzione dei motori diesel VM.
Obiettivi non ambiziosi – Piaceranno le due auto? Se il compito affidato alla Thema fosse di rinverdire i fasti dell’omonima antenata, l’impresa si potrebbe considerare disperata: la vecchia Thema fu un successo clamoroso non bissato dalla problematica “K” né, tanto meno, dalla pretenziosa “Thesis”, il cui disastro costò alla Fiat un miliardo di euro. Marchionne, tuttavia, sa bene che i tempi delle grandi berline italiane sono finiti e che proprio gli insuccessi di K e Thesis hanno consegnato il settore alla concorrenza tedesca che ormai naviga a tutta forza su rotte inavvicinabili. Quindi, gli obiettivi dell’ad Fiat sono assai più modesti: tornare nel segmento delle berline con un prodotto che, marchiato Chrysler e battezzato 300, i numeri li farà sui mercati nordamericani e, targato Lancia con il nome Thema, farà presenza in un settore dove il gruppo Fiat è assente da anni.
Che la strategia sia questa è dimostrato dagli obiettivi di vendita della nuova berlina in Italia: appena 3.800 vetture per tutto il 2012. Cioè niente, in confronto alle oltre 357 mila Thema prodotte nel decennio 1984-1994. Per certi versi, il compito della nuova monovolume Voyager è meno impegnativo. Nelle versioni precedenti, la vettura è ben nota ai clienti italiani (e anche europei), presso i quali ha registrato un buon successo, ridimensionato negli ultimi anni dall’invecchiamento del modello e, nell’ultimo periodo, anche dalla semi-paralisi della casa americana dovuta al tracollo dell’industria automobilistica Usa e all’incertezza che ha circondato le prime mosse di Marchionne dopo l’entrata di Fiat nel capitale Chrysler.
di Riccardo Celi