La sequenza degli eventi verificatisi ieri alla Camera dei Deputati ha dell’incredibile. L’onorevole Pierangelo Ferrari del Pd posta su Twitter un annuncio dell’intervento in aula di Massimo Polledri della Lega, che definisce subito “ultracattolico e omofobo“. Polledri (già famoso per gli insulti alla deputata Ileana Argentin)  legge il post, si alza e si scaglia contro il collega accusandolo di avergli dato del “malato“. Ed è subito bagarre.

Tutti sappiamo, credo, che cos’è l’omofobia. E’ la paura irrazionale dell’omosessualità e delle persone omosessuali.

L’omofobia ha diverse forme. Licenziare una persona dopo aver appreso che è gay o lesbica è omofobia. Perseguitare una persona solo perchè omosessuale è omofobia. Negare alle persone omosessuali i diritti che hanno tutti gli altri cittadini è una forma di omofobia. Non credo alla distinzione, che pure alcuni praticano, tra omofobia e omonegatività, dove questo secondo concetto esprime una sorte di forma attenuata di omofobia, come a dire “non sono omofobo, però non mi piace vedere due persone omosessuali che si tengono per mano”, e via dicendo. Chiamare le cose col loro nome è importante. E per l’omofobia occorre proprio cominciare da qui.

Tornando all’incontro-scontro tra Ferrari e Polledri, mi fa riflettere la dicotomia ultracattolico-omofobo. I cattolici sono tutti omofobi? Essere cattolico significa essere omofobo? Il cattolicesimo impone ai propri membri di praticare l’omobofia come requisito per l’ottenimento della salvezza?

Se potessi rispondere a queste domande in modo assoluto, probabilmente sarei eletto Mister Satana dell’anno o riceverei minacce di morte. Francamente – e battute a parte – credo fermamente che non tutti i cattolici siano omofobi, ma non vedo come negare che nel messaggio della Chiesa vi sia un certo grado di omofobia.

Come si chiama la convinzione della Curia di Torino (qui l’articolo) per cui “non si può discriminare, censurare od ostacolare chi ritiene, coltivando tale convinzione in maniera scientifica, che l’omosessualità sia curabile“? Come si chiama quando l’arcivescovo emerito di Grosseto, Mons. Babini, dice (riferendosi al Bunga-Bunga) che “Vendola pecca più di Berlusconi“? Come si chiama quando una consigliere comunale viene criticata per aver invitato nella  “Consulta per la famiglia” due associazioni che operano in ambito gay e lesbico, l’Agedo (associazione genitori e amici di omosessuali) e le Famiglie arcobaleno, e ben otto sigle di associazioni cattoliche si schierano contro la consigliere autrice dell’invito?

Tiriamo le somme da questa brevissima rassegna di dichiarazioni:

(1) L’omosessualità è una malattia da curare e la Chiesa difende ufficialmente questa impostazione.

Ebbene, è dal 1973 che l’American Psychological Association (dal 1990 l’Oms) ha cancellato l’omosessualità dalle psicopatologie: perchè stiamo ancora a parlarne? Chi ci crede ancora, crede in una falsità scientifica. Dire che un gay può “ritornare” eterosessuale è come dire che uno può cambiare il proprio orientamento sessuale come cambia un paio di scarpe, magari dopo aver sofferto un po’ per comprarsele: provate a dire la stessa cosa a un eterosessuale. E poi, come non rendersi conto di quanto la “cura” dell’omosessualità sia invasiva psicologicamente e fisicamente sulle persone e lesiva della loro dignità?

(2) Non importa quanto schifo, corruzione, immoralità ci siano nella classe politica, gli omosessuali restano sempre i peccatori peggiori. Chi fa una classifica di questo tipo ha un problema con le persone omosessuali e solo con loro. Lo risolva.

(3) Le persone omosessuali non c’entrano niente con la famiglia. Falso. I gay e le lesbiche non vengono da Marte: nascono nelle famiglie, le stesse celebrate dalla Chiesa. E ne creano di nuove: non può essere diverso l’amore di chi forma un nuovo nucleo familiare con una persona di sesso diverso rispetto a chi fa lo stesso con una persona dello stesso sesso. Lo dice la Corte europea dei diritti dell’uomo. Lo dice l’Europa, con una serie di risoluzioni del Parlamento europeo. Lo dicono molti paesi a noi vicinissimi. Non c’è la famiglia (termine che sa tanto di linguaggio mafioso), ma le famiglie. E quelle omosessuali sono alcune di queste.

Infine, mi impressiona la crudezza e la rozzezza – per non dire l’ignoranza – di certi attacchi alle famiglie e alle persone omosessuali che provengono da taluni ambienti o politici cattolici. Non credo si addica al messaggio fondamentale del cristianesimo e tocca a ogni cattolico dare conto di questa acclarata contraddizione.

Almeno alla propria coscienza.

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