Ieri l’Unione europea, oggi Confindustria. I tempi, le modalità e soprattutto i ritardi del decreto Sviluppo continuano a essere un argomento indigesto per il governo italiano e per la maggioranza, che anche su questo tema dimostra di essere tutt’altro che coesa, con pezzi da novanta del Pdl che dicono tutto e il contrario di tutto. L’immagine che ne deriva è sconfortante: mentre dall’Europa e dal mondo dell’economia di casa nostra continuano ad arrivare appelli a fare in fretta per l’approvazione delle misure finanziarie, la risposta di chi dovrebbe far cambiar marcia al Paese è ingolfata da una mancanza di strategia comune. Il risultato è sotto gli occhi di tutti: il dl Sviluppo continua a slittare (“entro fine mese” ha detto Alfano), non avrà copertura economica (i soldi arriveranno solo dai privati) ed è rallentato da una dialettica interna ormai stantia. Schifani e Maroni invocano tempi rapidi, Alfano pensa che il dl non sarà la soluzione a tutti i mali, Sacconi gli fa eco. E poi c’è quella frase di Berlusconi, che quattro giorni fa, in barba alle richieste di Ue e imprese, ha continuato a dire che per l’approvazione del decreto “non c’è fretta”. Questa posizione è superata dai fatti, ma gli effetti ancora non si vedono. Il rischio è dietro l’angolo: l’Europa chiede misure, l’Italia offre parole.
“Facciamo bene e subito le cose che dobbiamo fare con il dl sviluppo piuttosto che farcele imporre dall’Ue”, ad oggi “le cose di cui si parla sono deludenti”, “il tempo è scaduto. E’ adesso che bisogna decidere”, “non possiamo farci commissariare continuamente”: parola di Emma Marcegaglia, che dal 26° convegno dei Giovani imprenditori di Capri ha lanciato l’ennesimo appello al governo. Il presidente di Confindustria ha battuto sui soliti tasti: “Siamo in un momento delicatissimo sia dal punto di vista delle decisioni da prendere a livello europeo che a livello italiano – ha detto – . Bisogna salvare l’euro e l’Europa”. La preoccupazione di Emma Marcegaglia, infatti, è rivolta anche a ciò che avviene al di là dei confini. “Le notizie che ci arrivano dall’asse franco-tedesco ci preoccupano molto – ha detto – . Quindi il primo appello è ai leader europei perché, se non prendono decisioni serie, domani e mercoledì, i danni saranno gravissimi”.
Per quanto riguarda il fronte interno, invece, per gli industriali non ci sono dubbi sulle responsabilità di eventuali mancanze di riforme: “Non sta a noi dire se bisogna cambiare il governo oppure no. Bisogna avere la capacità di decidere le cose che servono. Attendiamo il decreto sviluppo e speriamo che abbia all’interno le riforme, se non le avrà credo che ci sarà una grande responsabilità da parte del governo, perché senza le riforme che servono il Paese rischia molto. Chiediamo di non fare piccole cose e di avere il coraggio di fare grandi riforme e di non farsi condizionare da problemi elettoralistici”. Entrando più nello specifico, Emma Marcegaglia ha detto la sua sulla copertura finanziaria del dl sviluppo. “Il decreto non a costo zero non vuol dire che dobbiamo aumentare il deficit con il debito – ha detto – . Deficit e debito vanno tenuti sol decreto non a costo zero non vuol dire che dobbiamo aumentare il deficit con il debito. Deficit e debito vanno tenuti sotto controllo, ma vuol dire che bisogna tagliare da una parte e investire invece risorse dall’altra”. Con un buon dl Sviluppo, invece, “l’Italia potrebbe riprendere una certa credibilità e ritornare sul processo di crescita”.
Sulla difficile situazione del Sud, il pensiero di Emma Marcegaglia è stato chiaro: “Non ci piace che non esiste più il Progetto Sud, è bloccato – ha detto- . Non possiamo tollerare continui tagli a fondi Fas e fondi dirottati per coprire buchi della spesa pubblica per anni improduttiva. Siamo contro un intervento straordinario per il Mezzogiorno. Crediamo che a Sud servano le stesse cose che servono al resto del Paese ma con un’intensità maggiore. Siamo quasi a fine anno, perderemo i fondi Fas ed è gravissimo”.
Sempre più freddi, invece, i rapporti tra Confindustria e Fiat, lontananza siderale confermata da quel “E’ una decisione che riguarda un’azienda. Non conosco i temi. Preferisco non parlare” della Marcegaglia alla domanda sulla lettera inviata da Consob al Lingotto e, soprattutto, dal “non spetta a me dirlo” sul piano Fiat. Duro il commento del ministro della Difesa, Ignazio La Russa: “La Marcegaglia è libera di fare le dichiarazioni che vuole. Spero che non gli si arrabbi, oltre alla Fiat, qualche altro pezzo grosso della sua associazione”. Il presidente di Confindustria ha apprezzato la “disponibilità” di Roberto Maroni: il ministro degli Interni, infatti, era l’unico rappresentante del Governo presente a Capri. Una presenza non solo simbolica, specie se inserita in ottica elettorale. Le parole del titolare del Viminale, poi, hanno confermato ancora una volta la sua distanza dal Governo. “Bisogna fare rapidamente il provvedimento sullo sviluppo perché il governo ha fatto tanto per tenere saldi i conti e adesso bisogna puntare sulla crescita” ha detto Maroni, che poi ha spiegato i motivi della sua presenza a Capri. “Sono venuto per ascoltare, ho sentito molte proposte, alcune condivisibili da me, altre meno – ha raccontato il ministro – . E’ sempre interessante e utile sentire la posizione degli imprenditori italiani e di Confindustria. E’ stata una giornata molto interessante”.
‘Interessante’, invece, il pensiero del ministro per l’Attuazione del Programma, Gianfranco Rotondi, sull’assenza di esponenti di partito al convegno dei Giovani imprenditori. “Zero politici a Capri? – ha detto il ministro – E chi se ne frega, i giovani italiani non si riconoscono nei black bloc ma nemmeno nei figli di papà”. Applausi a scena aperta, invece, quando il leader degli Industriali ha parlato del presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, che “in un momento così difficile è punto di riferimento per noi e per il mondo interno”.
Il decreto sviluppo e i relativi tempi tecnici di approvazione, però, sono al centro dei discorsi dei vertici di maggioranza, con il Pdl che, ancora una volta, è spaccato al suo interno. Emblematico, in tal senso, paragonare le dichiarazioni del segretario del partito, Angelino Alfano, del presidente del Senato, Renato Schifani e del ministro del Welfare, Maurizio Sacconi. L’ex Guardasigilli, in visita a Salerno, ha dato una spiegazione tutta sua riguardo all’impatto che il dl potrebbe avere sulla situazione del Paese. “La crisi è mondiale, chi crede che facendo un decreto risolviamo la crisi si illude” ha detto Alfano, che in seguito ha aggiunto: “Noi diamo una mano d’aiuto, poi ognuno deve fare la propria parte. Bisogna evitare di pensare che sia il Governo con una bacchetta magica a risolvere il problema”. Più articolato il pensiero di Sacconi, che da un convegno di Confapi a Brescia, ha spiegato come a suo avviso “lo sviluppo non si fa per decreto, non si fa con iniezione di spesa pubblica, ma liberando la vitalità del Paese”.
Il ministro del Welfare ha poi argomentato la sua ricetta per lo sviluppo. “Spesso mi chiedono quanti soldi destineremo al ‘pacchetto sviluppo’ – ha detto Sacconi -, ma questa è una domanda maledettamente vecchia” perché “se si pensa di poter crescere facendo ancora trasferimenti statali, si sbaglia”. Il motivo? Per spiegarlo, il ministro ha evidenziato gli errori del passato: “C’è stato un tempo nel quale è stato possibile fare sviluppo per decreto, e ne paghiamo ancora le conseguenze, ma quel tempo è finito”. Per Sacconi, poi, non ci sarà ‘il decreto’, bensì tante misure minori che costituiranno un pacchetto. “Le infrastrutture sono importanti e devono essere dotate finanziariamente – ha detto – , ma sono molto importanti anche le regole. Pensiamo a uno strumento regolatorio, andando anche coraggiosamente oltre la legge obiettivo, che può rilanciare le grandi opere”. In tal senso, all’interno del provvedimento ci potrebbe essere “l”incentivazione alla finanza di progetto, con un rafforzamento della collaborazione tra pubblico e privato”. Sacconi, poi, ha rivelato ai giornalisti che non sono previsti interventi strutturali a breve sulle pensioni. “La riforma del sistema previdenziale l’abbiamo già fatta, dopo la controriforma di Prodi, che ha abbassato l’età pensionabile e aumentato i contributi sugli apprendisti – ha detto il ministro – quindi di fatto facendo pagare ai più giovani le prestazioni per i più anziani, il contrario di quanto invece il mondo deve fare”.
Diversa, quasi opposta la presa di posizione del numero uno di Palazzo Madama, Renato Schifani, che da Rieti – durante una visita ufficiale per le celebrazioni dei 150 anni dell’Unità d’Italia – ha detto senza mezzi temrini: “Mi auguro che il decreto sullo sviluppo arrivi al più presto”. Come ha chiesto Confindustria, come ha chiesto l’Unione europea. Al contrario, però, del pensiero del suo partito di riferimento, secondo cui – Berlusconi dixit – non c’è fretta, non ci sono soldi. Tutto e il contrario di tutto nel partito di governo.