Il villaggio della solidarietà di Libera a pochi chilometri da Latina è stato devastato questa notte. Tutto è avvenuto poche ore prima dell’arrivo dei volontari dell’associazione fondata da Don Ciotti. Un’incursione durata a lungo, sistematica e probabilmente pianificata da tempo che ha colpito il cuore dell’antimafia a poche decine di chilometri dalla capitale, a qualche centinaio di metri dall’ex centrale nucleare di Borgo Sabotino. Distrutti i bagni esterni, infranti tutte le vetrate della struttura, letteralmente devastati i locali interni, utilizzati dallo scorso luglio per le tante iniziative sulle mafie, in un territorio, quello pontino, ormai saldamente controllato dal cartello dei casalesi, dalla ‘ndrangheta e dai clan locali, cresciuti fino a diventare una vera e propria quinta mafia. “Un atto grave, vile che colpisce un bene confiscato e restituito alla collettività”, dichiara sconfortato Don Luigi Ciotti, presidente di Libera. “Nessuno può pensare di vandalizzare e di fermare questo impegno delle tante realtà del posto che – continua – insieme con fatica, passione e responsabilità stanno realizzando percorsi di democrazia e giustizia sociale”.
Borgo Sabotino è ormai solo geograficamente lontano dall’agro di Caserta. L’intera provincia di Latina è divenuta dagli anni ’80 in poi il ponte di collegamento tra le mafie e la capitale. Tre i processi condotti dalla direzione distrettuale antimafia di Roma solo negli ultimi anni. Nel luglio del 2009 la Corte d’Assise di Roma ha condannato diversi esponenti del gruppo Mendico, alleato ai casalesi di Michele Zagaria, riconoscendo i collegamenti organizzativi con i gruppi di Casapesenna e Casal di Principe. Da qualche mese davanti al Tribunale di Latina è poi in corso il processo Damasco 2, indagine che ha colpito il cuore della politica del sud pontino, con l’incriminazione per associazione mafiosa di alcuni amministratori locali del Pdl.
La provincia di Latina è stata lo scenario del mancato scioglimento per infiltrazione mafiosa del comune di Fondi, la cui giunta – in parte coinvolta nell’inchiesta Damasco – è stata difesa da buona parte del governo e dal senatore eletto in questo collegio Claudio Fazzone. Nonostante la complessa indagine condotta per mesi dall’ex prefetto Bruno Frattasi, il ministro Roberto Maroni rinunciò allo scioglimento, subito dopo le dimissioni di parte del consiglio comunale. All’epoca diversi esponenti del governo, tra i quali il ministro Giorgia Meloni, legata all’attuale sindaco di Terracina Nicola Procaccini, si spesero pubblicamente difendendo la giunta di Fondi.
Ora l’incursione al villaggio gestito da Libera rilancia l’allarme sulla presenza della criminalità organizzata nel sud del Lazio. Alla devastazione della notte è seguito il silenzio – forse più pesante – della mattina. Nessun esponente delle istituzioni era presente nel villaggio della solidarietà di Libera, mentre la Polizia di Stato effettuava i rilievi. Assenti il sindaco di Latina Giovanni Di Giorgi e il presidente della provincia Armando Cusani, Pdl; assente la Regione Lazio, guidata da Renata Polverini. “Le uniche telefonate di solidarietà – ha spiegato Antonio Turri, di Libera Lazio, accorso subito sul posto – sono arrivate da don Luigi Ciotti, dai tanti gruppi di Libera e dal capo di Gabinetto della Prefettura”.
A dare solidarietà all’associazione c’erano invece i rom del capo Alcarama, campo nomade sorto a pochi chilometri da Latina, di fianco alla discarica di Borgo Montello, vicino alle terre appartenute alla famiglia di Francesco Sandokan Schiavone, boss dei casalesi. “Proprio oggi dovevamo andare a rendere omaggio a don Cesare Boschin – racconta Turri – il prete di Borgo Montello ucciso selvaggiamente nel 1995″. Una delle tante iniziative che Libera sta promuovendo, spesso in assoluta solitudine, da diversi anni, cercando di richiama l’attenzione sulla presenza delle cosche: “Se guardiamo l’elenco degli imputati del processo Damasco 2 – prosegue Turri – ci rendiamo conto che la metà sono politici ed imprenditori locali, nati e cresciuti in provincia di Latina”.
Già ad agosto il villaggio della solidarietà di Borgo Montello aveva vissuto un altro episodio di intimidazione. Mentre nel campo erano alloggiati un gruppo di scout, i serbatoi dell’acqua potabile erano stati contaminati con soda caustica e terra. Sempre in provincia di Latina, nel comune di Cisterna, una vigna confiscata a Francesco Schiavone era stata distrutta, tagliando i cavi dei tendoni. Anche in quel caso l’attività agricola era gestita da una cooperativa sociale.
Nel primo pomeriggio, dopo i rilievi, i volontari di Libera hanno iniziato a pulire i locali. L’iniziativa per ricordare la morte di don Cesare Boschin, che per anni aveva denunciato il traffico illecito di rifiuti a Borgo Montello, è stata spostata solo di qualche ora.
di Andrea Palladino