I manuali di giornalismo insegnano che “la firma di un servizio o di un articolo sottolinea la titolarità e la responsabilità per una parte sostanziale del pezzo”. E, inoltre, che è “possibile utilizzare più di una firma”. A maggior ragione se per fare un servizio chi lo ha realizzato ha riportato: un trauma cranico, la lussazione di una spalla con la rottura dei legamenti, fratture multiple alla scapola, rottura delle costole ed alcune ferite. Annesso ad un lungo periodo di ricovero in ospedale dal quale ci si sta riprendendo solo dopo lunghe terapie. Ma un reporter deve metterlo nel conto che andare sui fronti di guerra, implica un “qualche” rischio. Lo sa bene Claudio Rubino (video), cineoperatore di razza della Rai che per realizzare insieme alla brava Lucia Goracci, inviata del Tg3 di Bianca Berlinguer, un servizio dal titolo: “Libia, sotto le bombe di Ras Lanouf” , ci ha quasi rimesso la vita.


Poco meno di due minuti a doppia firma, esattamente un minuto e 48 secondi, che hanno fatto il giro del mondo. Una lezione da divulgare in tutte le scuole di giornalismo, l’operatore che tiene la telecamera accesa, sdraiato, con le bombe sopra la testa e un corredo di preghiere al cielo. Un’impresa che allevia in parte le ferite, se sai che quel servizio è tra i vincitori come miglior servizio da tg nel 2011 di uno dei premi giornalistici più prestigiosi, forse il più prestigioso che esista per la tv in Italia: il “Premio Ilaria Alpi”, intitolato proprio alla giornalista del Tg3 Ilaria Alpi uccisa a Mogadiscio in Somalia il 20 marzo 1994.

Ma Rubino scopre che nell’albo del premio, il suo nome non c’è. C’è solo quello dell’inviata Lucia Goracci. Sparito, solo una menzione generica dal palco di Riccione dove si tiene ogni anno la manifestazione. La triste storia, un esempio di mancato merito, viene tirata fuori da due “cattivissimi” della satira: Vauro Senesi e Vincino Gallo. Sono loro che nell’ultimo numero de Il Male in edicola pubblicano quattro pagine di vignette dal titolo: “Orrori di guerra” con protagonista un’inviata del Tg3: Maria Guerracci.

Nell’ultima pagina Vauro e Vincino pubblicano, oltre ad una foto di Rubino dal letto di ospedale, anche la lettera dello studio legale che rappresenta Lucia Goracci, e che recita: “La signora Goracci respinge le accuse che le vengono mosse, contrarie alla verità e diffamatorie, essendosi sempre adoperata, contrariamente a quanto si asserisce in una lettera (spedita da Rubino al Premio Alpi e ai vertici Rai, ndr), a far sì che il servizio in questione figurasse realizzato da entrambi gli autori” e ancora “eventuali errori ed omissioni verificatisi lungo il percorso del Premio, le sono estranei”. Ma è il finale che ci lascia perplessi: “L’iniziativa che Ella ha assunto nei confronti della mia assistita, oltreché essere incompatibile con lo spirito che ha animato l’istituzione del Premio Alpi, è lesiva della dignità, reputazione e professionalità della giornalista. Il danno che le è stato inflitto – conclude – è suscettibile d’esser risarcito“.

Vauro lo conosce bene Claudio Rubino: “Con lui ho girato reportage incredibili in Iraq con Emergency, quando hai un reporter come lui al fianco – continua – ti senti protetto, sicuro. Ci mancherebbe pure che debba essere costretto a risarcire la Goracci”. E’ il vignettista a fornire una soluzione: “Il Premio Alpi potrebbe correggere subito l’albo, dando così il giusto tributo a Rubino”. Agli organizzatori la possibilità, dunque, di poter riparare ad una brutta vicenda che non fa certo bene all’immagine del premio. D’altronde, insieme a Ilaria Alpi c’era proprio un cineoperatore che ha pagato con il sangue il suo impegno per il giornalismo di guerra: Miran Hrovatin. Coraggioso, proprio come Rubino.

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