Le voci su una sua possibile visita a sorpresa si rincorrono per tutta la mattina. Fino a mezzogiorno, quando arriva la prima conferma: il segretario Pier Luigi Bersani non passerà. Impegnato, forse malato. Stesso copione per Romano Prodi. Verso le 11 il professore è in via S. Stefano, a due passi dal tendone di Piazza Maggiore dove sono raccolte centinaia di persone. Ma anche lui, alla fine, dà forfait.
Si chiude così “Prossima Italia: il nostro tempo”, la due giorni organizzata dal duo Giuseppe Civati e Debora Serracchiani a Bologna. Si chiude con la soddisfazione per un tendone sempre pieno di giovani e meno giovani, a ogni ora del giorno e nonostante il freddo più invernale che autunnale. E con un po’ di malcelata amarezza per le assenze dei due big più invocati ed attesi.
Eppure Civati le aveva provate tutte nei giorni scorsi “Per Prodi abbiamo un culto della personalità. Se si volesse manifestare può venire, noi blocchiamo gli orologi e gli diamo lo spazio che vuole. Tanto abita qui, a due passi”. Niente da fare. Prodi preferisce passare la domenica mattina a passeggiare sotto i portici bolognesi con la moglie Flavia. Altro che primarie e dibattiti sul futuro del centrosinistra. Meglio la vita da nonno, considerato anche il fatto che ora si è aggiunto un motivo in più. Sabato sera in casa Prodi è nato il sesto nipote, Tommaso, terzo figlio del secondogenito dell’ex presidente del Consiglio, Antonio.
Assenza giustificata (almeno sulla carta) invece per il segretario del Pd Pier Luigi Bersani: “È costretto a casa da un’influenza” dicono gli organizzatori dal palco. Anche per lui gli inviti non sono mai mancati. A partire da quello implicito di Vasco Errani, il presidente dell’Emilia Romagna, ospite ieri pomeriggio: “Credo che Pier Luigi Bersani interpreti il progetto giusto per il Paese”.
Per finire con quello meno velato di Civati: “Per Bersani l’invito c’è sempre. Se vuole partecipare, senza strumentalizzazioni, magari anche con un confronto diretto e serio con i cittadini e con gli elettori del Pd, noi siamo qui ad aspettarlo”.
Presente ma solo in veste di ascoltatore l’ex segretario Dario Franceschini, seduto in prima fila. “Sono venuto solo per ascoltare – sottolinea – c’è chi ne aveva parlato come di un’iniziativa chiusa, invece ho sentito molte idee, molte spinte al cambiamento: questo è ossigeno per il Pd’”. Il capogruppo del Pd alla Camera ascolta gli interventi, ma decide di non salire sul palco, né di fermarsi a rispondere a domande sugli altri temi proposti.
E così, assenti i pezzi da novanta, sono i due organizzatori a calare il sipario su quello che dovrebbe essere il primo appuntamento dell’ “altro Pd”. Quello dei quarantenni cresciuti all’ombra del berlusconismo. Quello che crede nella rete ed è sempre connesso su Twitter. Quello che chiede al proprio partito più coraggio nelle scelte, rinnovamento, limite ai mandati, e primarie per tutti, parlamentari compresi. E che non vuole sentir parlare di corrente. “Non siamo qui per fondare la diciassettesima corrente – ribadisce in chiusura l’europarlamentare Debora Serracchiani – perché le correnti si fondano nel sottobosco, non non con un’iniziativa in piazza. Non pensiamo che serva un capo, ma una partecipazione collettiva di liberi e forti, come diceva don Sturzo. Abbiamo fatto due giorni di buona politica, quasi senza menzionare Berlusconi, perché per noi la buona politica non è quella degli sketch, è qualcosa in cui nessuno è indispensabile ma tutti sono fondamentali”.
E quando tocca a Civati, ecco che torna il leit motiv della kermesse. “Se il candidato sarà il segretario, allora ve bene Bersani. Ma se qualcuno crede che non vada bene lo si dica subito e si affronti la questione dentro il partito: in quel caso noi abbiamo le nostre idee. Il candidato premier non potrà certo essere in contrasto con il segretario. Siamo pronti, quando sarà il momento, a portare alla guida del Pd quello che stiamo facendo e proponendo da anni, sia che Bersani faccia il candidato premier sia che lo faccia un altro”.