“Il disastro di Viareggio è stato provocato da una ‘zampa di lepre’”. Si chiama proprio così, tradotto per i non addetti ai lavori si tratta di un pezzo di rotaia. È la conclusione della perizia depositata sabato dagli ingegneri Dario Vangi e Riccardo Licciardello al gip di Lucca, Simone Silvestri. Sembra un dettaglio tecnico, ma invece potrebbe cambiare la faccia del processo per la strage del 29 giugno 2009: se la colpa fosse davvero dei binari allora le Ferrovie dello Stato potrebbero essere escluse da quanto accaduto.

E già qualcuno tra i parenti delle 32 vittime del rogo lancia l’allarme: “Attenzione, qui si rischia di finire come Ustica. Come tante stragi italiane”. Cioè senza un responsabile con nome e cognome. È la preoccupazione di Daniela Rondi, presidente dell’associazione “Il mondo che vorrei” che raccoglie i familiari delle vittime: “Mi chiedo come sia possibile che pochi giorni dopo la perizia dell’accusa, gli esperti nominati dal gip siano arrivati a conclusioni opposte. E molto più vicine ai periti delle Ferrovie”.

Eccola allora la ricostruzione del disastro secondo i due ingegneri scelti dal giudice per le indagini preliminari di Lucca: il 29 giugno 2009 alle 23,48 il convoglio 50325 con i suoi 14 vagoni carichi di gpl sta entrando a Viareggio. All’improvviso l’asse di un carro cede (su questo tutti gli esperti concordano, è senza dubbio la causa prima del disastro). Il vagone esce dai binari, si capovolge. Il destino ha voluto che il cedimento avvenisse proprio all’ingresso della stazione, a due passi dalle case. Ma non basta: la cisterna del carro urta contro un oggetto di metallo che la buca, lasciando uscire il gpl. È la tragedia. Già, ma che cosa ha forato la parete di acciaio della cisterna? I periti del gip sembrano non avere dubbi: “La forma della zampa di lepre è perfettamente compatibile con la forma e le dimensioni dello squarcio” da cui è fuoriuscito il gas. Ancora: “La dinamica complessiva” dell’urto è compatibile con “le tracce lasciate” nell’acciaio. C’era un’altra pista, che a squarciare il contenitore fosse stato un “picchetto” d’acciaio ai margini delle rotaie (uno strumento di vecchia concezione che serve a controllare la “tenuta delle curve”). Ma i periti sono nettissimi: “E’ una traccia non compatibile”.

Una soluzione che preoccupa le famiglie delle 32 vittime. “Le zampe di lepre sono pezzi ineliminabili: se fossero loro ad aver aperto il buco nella cisterna, le Ferrovie non avrebbero responsabilità. I picchetti invece erano presenti lungo il percorso nonostante le direttive di sostituirli. Insomma, in questo secondo caso le Ferrovie dovrebbero probabilmente entrare nel processo”, spiega Rondi.

Una conclusione, quella dei periti del gip, esattamente opposta a quella raggiunta da Paolo Toni, l’esperto indicato dai pm. Toni sostiene che “al di là di ogni ragionevole dubbio”, fu un picchetto di regolazione della curva a squarciare la cisterna che trasportava gpl. Una perizia di oltre 300 pagine frutto di un lavoro di due anni, cominciato poche ore dopo il disastro.

Toni si sofferma sulla storia del vagone deragliato: la cisterna – assolta anche dagli esperti del gip – era di costruzione abbastanza recente (essendo stata realizzata in Polonia nel 2004), ma il materiale rotabile (ruote, gli assili, i carrelli) pare fosse stato messo insieme con materiali di risulta, in alcuni casi vecchi di oltre trent’anni. Il carro responsabile della strage, nonostante questo, era stato immatricolato come nuovo in Germania. Quindi era stato inviato a operare sulla rete ferroviaria del nostro Paese.

Ecco allora la ricostruzione proposta dal perito della Procura: dopo la rottura dell’assile, il carro si ribaltò a pochi passi da un passaggio a raso della stazione e strisciò sul fianco sinistro lungo i binari incontrando il picchetto 24. Ecco il responsabile ultimo della strage, quel paletto d’acciaio che con il bordo affilato avrebbe provocato lo squarcio di 40 centimetri nella cisterna. Il giudizio in questo caso potrebbe ribaltarsi: la responsabilità del picchetto potrebbe chiamare in gioco il gestore della infrastruttura ferroviaria, cioè Rfi, perché ci sono mezzi più moderni per rilevare quella che in gergo tecnico si chiama la “tenuta delle curve”.

Toni non ha avuto dubbi: sotto 13 diversi profili di conformità macroscopica e microscopica la causa dello squarcio è da imputare al picchetto con una percentuale del 100%. La zampa di lepre non supera il 7,7%. A una conclusione opposta erano arrivati i consulenti di Rfi: la colpa è della zampa di lepre. Proprio come i due esperti nominati dal gip.

I periti invece concordano sulla presenza di segni di corrosione e di ossidazione nell’assile spezzato. La causa prima, ma non l’unica del disastro. Un pezzo costruito nel 1974 nella Germania dell’Est, di cui, però, nemmeno la società proprietaria (Gatx) ha notizie fino al 2004. Nel 2008 l’officina Gatx di Hannover aveva curato la revisione. Una manutenzione con diverse ombre, su questo concordano i periti dei pm e del gip.

Adesso l’ultima parola spetta all’udienza conclusiva dell’incidente probatorio del 2 novembre. Ma i parenti delle vittime sono preoccupati: un vagone vecchio di decenni costruito nella Germania comunista, con una storia per alcuni aspetti sconosciuta, di proprietà di una società straniera. Il rischio che i responsabili della strage di Viareggio non abbiano mai né nomi, né cognomi è concreto.

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