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Valsusa, il giorno della protesta

Tutto pronto per il corteo che da Giaglione raggiungerà le reti del cantiere Tav per tentare di tagliarle Sfidando l'ordinanza del prefetto che da ieri a mezzanotte ha istituito una zona rosa attorno all'area
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La baita della Val Clarea è ancora lì, appena fuori dall’area del cantiere Tav di Chiomonte. Sigillata perché abusiva, rioccupata, minacciata dalle ruspe, non sarà (ancora) abbattuta. È in piena “zona rossa”, l’area interdetta disposta dal Prefetto di Torino per proteggere le recinzioni (doppia rete metallica e filo spinato di fabbricazione israeliana) che i militanti No Tav intendono tagliare (più o meno simbolicamente) durante la manifestazione che partirà questa mattina dal campo sportivo di Giaglione, ad est di Chiomonte, verso Torino.

I circa venti No Tav presenti alla baita ieri mattina sono stati identificati e invitati ad allontanarsi, per il rischio concreto di una denuncia per violazione dell’ordinanza del Prefetto. Qualcuno è tornato a Giaglione, altri si sono fermati, altri ancora (qualche decina) hanno tentato di raggiungerli nel pomeriggio, ma sono stati fermati a metà del sentiero Balcone da uno schieramento di Carabinieri in mimetica. L’intero pomeriggio è passato così, al posto di blocco, tra attivisti No Tav in pressing al posto di blocco e amministratori locali intenti a discutere con le forze dell’ordine. Un parlamentino in mezzo ai boschi, un’atmosfera cordiale che a più di un No Tav non è andata giù: “Qui stiamo dando troppa confidenza”, mastica amaro un ragazzo venuto da Torino. Alla fine l’accordo: oggi, una trentina di “osservatori” No Tav potranno entrare nelle zone interdette e indosseranno una pettorina di riconoscimento: “Ci saremo per difendere la baita – dichiara un esponente dei comitati – vigileremo perché nessuno si inventi scaramucce strumentali all’interno della zona rossa. Chiediamo che ci siano i giornalisti”. Un’apertura di credito insolita quest’ultima, per quanto subito dopo un gruppetto di trenta persone si riunisca per “decidere il da farsi” chiedendo ai cronisti di allontanarsi.

Fin qui quanto visto alla luce del sole. Ma l’allerta è massima. Pochi metri alle spalle dei carabinieri che bloccano il sentiero, un pesante new yersey con tanto di rete metallica ostruisce completamente l’accesso alla Val Clarea. Passando oltre si arriva al cantiere, ma tutti sanno che non è quello l’unico passaggio e l’annunciato allargamento della zona rossa fino all’abitato di Giaglione non risolve nulla: “Chi conosce questi boschi sa benissimo dove passare – sussura un signore di mezza età dall’aspetto tutt’altro che bellicoso – Basta andar giù di lì, lungo la Dora, oppure salirè lassù” e indica un altro sentiero da dove, poco prima, è scesa una pattuglia di “Cacciatori di Calabria” in perlustrazione. Ieri pomeriggio, mentre sul sentiero amministratori e polizia parlamentavano, in venti – pare – sono riusciti ad arrivare fino alla baita Clarea aggirando i blocchi.

Nei boschi i No Tav ci andranno sicuramente, l’indicazione dei comitati è di arretrare al primo poliziotto, ma il rischio che qualcuno non si fermi è quasi una certezza. E sul web si rincorrono appelli minacciosi, dai sedicenti black bloc che insultano apertamente “i pacifisti” alla Federazione anarchica torinese che conferma la volontà di “tagliare le reti, tutti insieme, assumendoci il rischio di un gesto illegale, accettandone le conseguenze, affrontando con serena decisione i gas e gli idranti”.

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